Consiglio europeo del 17-18 ottobre: intervento di replica al Senato del Presidente Meloni

Martedì, 15 Ottobre 2024

La ringrazio Presidente, ringrazio lei, ringrazio i colleghi che sono intervenuti.

Cercherò di essere ragionevolmente breve perché, come è tradizione, prima del Consiglio europeo, come sapete, c'è anche un pranzo offerto dal Presidente della Repubblica e vorrei riuscire ad ascoltare il più possibile anche le dichiarazioni di voto dei colleghi.

Quindi darò alcune risposte sulle cose sulle quali ritengo che sia necessario replicare.

Collega Murelli, tutti siamo d'accordo sulla pace. L'Italia lavora dall'inizio, tanto in Ucraina quanto in Medio Oriente, per costruire la pace. Chiaramente poi bisogna intendersi su come quella pace si costruisca nel concreto.

Io penso e ho detto, ribadisco, che in Medio Oriente significa continuare a lavorare per un cessate il fuoco, tanto a Gaza quanto in Libano. Non facile, ma è il lavoro sul quale ci spendiamo ogni giorno, sul quale si spende la sottoscritta, sul quale si spendono tutti i Ministri competenti all'interno del Governo.
Significa arrivare al cessate il fuoco, alla liberazione degli ostaggi. L'ho detto varie volte, anche e soprattutto in seno al Consiglio europeo, perché penso che su questo l'Europa possa e debba giocare un ruolo che i pochi altri possono giocare, e ragionare già concretamente di cosa dovrebbe accadere a Gaza all'indomani di un cessate il fuoco, di come accompagnare concretamente una transizione verso quello su cui siamo una volta tanto tutti d'accordo, e cioè l'opzione dei due popoli in due Stati.

Chiaramente significa anche lavorare per la stabilizzazione del confine israelo-libanese, che è la ragione per la quale io continuo a ritenere che sia preziosa, nella difficoltà, l'opera prestata dai militari italiani, e non solo, impegnati nella missione dell'ONU UNIFIL, quanto quelli impegnati nella missione bilaterale MIBIL, proprio e soprattutto per rafforzare la capacità delle forze armate libanesi di poter garantire la sicurezza del loro territorio. È un lavoro molto complesso ed è come, a mio avviso, si costruisce la pace.

Per l'Ucraina costruire la pace - anche questo l'ho detto tante volte, ma forse è importante ribadirlo - significa soprattutto mettere la Nazione aggredita nella condizione di presentarsi a un tavolo delle trattative non in una condizione di debolezza.

Perché se l'Ucraina si presentasse a un tavolo delle trattative abbandonata da noi, senza avere condizioni per poter rivendicare una propria forza, purtroppo quella presunta pace tradirebbe qualcosa di diverso. Tradirebbe l'accettazione di una forza militare che vale più del diritto internazionale.
E il problema, come ho detto e ribadisco per la centesima volta, non è solo un problema di cosa - che comunque per me è sufficiente - sia giusto e di cosa non lo sia. Il problema è che se noi accettiamo e ci voltiamo dall'altra parte quando saltano le regole del diritto internazionale, non ci rendiamo conto che vivremo in un mondo molto più caotico di quello nel quale viviamo oggi.
E per questo io sono convinta che fare il lavoro che l'Italia sta facendo, sia nell'interesse di tutta la comunità internazionale.

Quindi sulla pace siamo tutti d'accordo - chiaramente non lo dico rispetto ad altre cose che ho sentito dire anche in questo dibattito e in altre occasioni all'interno di quest'aula –  soprattutto se noi non confondiamo la parola pace con qualcos'altro.  Per questo noi parliamo sempre di pace giusta.

Dopodiché, il collega Delrio dice “l'Europa come sommatoria di interessi nazionali”, il senatore Monti dice che “bisogna fare attenzione al nazionalismo economico”.

Su questo chiaramente noi abbiamo avuto e abbiamo un'idea di costruzione europea diversa. Io penso che tutte siano pienamente legittime. Non sempre ho visto da parte dei miei interlocutori la legittimità riconosciuta a un'idea di costruzione europea diversa da quella che avete voi.

Io credo che una cosa sia il nazionalismo economico e altra cosa sia riconoscere una specificità nelle economie nazionali del continente europeo che è un pezzo della ricchezza dell'economia europea. Quindi attenzione, perché da una parte è vero - ed è il lavoro che anche l'Italia cerca di fare - che noi dobbiamo lavorare per accrescere la competitività europea, anche immaginando dei giganti, anche lavorando per avere una maggiore integrazione su alcuni settori della nostra industria. Dall'altra, quando abbiamo denunciato l'iper-regolamentazione. lo abbiamo fatto per questo, perché un'iper-regolamentazione che pretende di andare bene per nazioni che hanno un'economia molto diversa tra loro rischia di non rafforzare quelle economie.

È quello che abbiamo visto accadere molto spesso in questi anni e quindi è la ragione per la quale io non ritengo che la soluzione per rendere l'Europa più forte sia banalmente trasferire tutte le nostre competenze alla Commissione europea. Non ha funzionato.  Si è tradotto in un'iper-regolamentazione che spesso ha mortificato interi settori produttivi del continente europeo. Io penso, l'ho detto anche questo moltissime volte, penso che il principio che noi dobbiamo applicare dei trattati europei sia il principio della sussidiarietà.

Ci sono alcune cose sulle quali gli Stati nazionali non sono competitivi e non lo saranno. Politica estera, corretto, sono d'accordo, ma oggi noi, mentre regolamentiamo qualsiasi cosa inseguendo questo modello, diciamo così, federalista dell'Unione europea, ci mettiamo tre riunioni del Consiglio europeo ad avere una posizione, dopo il 7 ottobre, sui massacri di Hamas verso i civili israeliani. Quindi, il paradosso di questa costruzione, che fino ad oggi è stata più simile all'idea che ne avete voi che all'idea che ne ho io, è che noi abbiamo una risposta per tutto quello che riguarda la vita quotidiana dei cittadini e non abbiamo alcuna risposta per tutto quello che riguarda il livello necessario di una costruzione europea, politica estera, politica di difesa, il mercato interno. Su questo noi siamo stati deboli.

Quindi il tema non è se serve più Europa o se serve meno Europa, perché io questo l'ho trovato un dibattito sempre semplicistico. Il problema è dove serve più Europa e dove serve meno Europa. Non serve più Europa dappertutto, serve più Europa sulle grandi materie, serve meno Europa su tutte le materie sulle quali gli Stati nazionali possono dare risposte decisamente migliori di quelle che può dare il livello europeo. L'ho sempre pensata così, la penso ancora così e alla fine mi pare che più o meno questa lettura stia trovando maggiore condivisione.
Dopodiché, sempre sul tema europeo-commissione, senatore Del Rio, senatore Alfieri. Torniamo sul tema della votazione della Commissione. Allora, punto primo, io nel mio intervento ho parlato di quello che è accaduto, senatore Alfieri, nella Commissione quando Paolo Gentiloni venne a presentarsi.

Così, per fare chiarezza, quando si vota la Commissione ci sono due passaggi fondamentali, uno riguarda i singoli commissari e uno riguarda la Commissione nel suo complesso. I singoli commissari si presentano nella loro Commissione di competenza e devono avere un via libera come singoli commissari dai due terzi dei partiti dei gruppi politici presenti nella Commissione. Dopodiché si va, quando tutti i commissari hanno finito le loro audizioni, al Parlamento europeo e si esprime una votazione sull'intera Commissione.

Quindi quello che ho ricordato io è che nonostante Fratelli d'Italia ed ECR cinque anni fa fossero contrari alla Commissione von der Leyen, fecero, perché si trattava del commissario italiano, una scelta completamente diversa per quello che riguardava il commissario italiano. Quindi noi anteponemmo cinque anni fa l'interesse nazionale italiano rispetto alla posizione di quella che era il nostro partito.
Ora, io sono contenta di apprendere dal senatore del Rio, anzi, sapevo già che il gruppo del Partito Democratico è favorevole alla Commissione di Ursula von der Leyen. Credo che sia favorevole anche al fatto che all'Italia, per il peso che l'Italia ha, per il ruolo che l'Italia ha, venga riconosciuta una delega importante, come è stato fatto per Raffaele Fitto, e venga riconosciuta una vicepresidenza esecutiva.
Io sono certa che questa sarà la vostra posizione e che questa sia la vostra posizione, Senatore Delrio, però se questa è la vostra posizione temo che dobbiate parlare con il vostro gruppo, perché quello che è accaduto nelle ultime settimane al Parlamento europeo è che il gruppo dei socialisti ha cercato di far spostare l'audizione del Commissario Fitto come ultimo tra i vicepresidenti e lo ha fatto dicendo apertamente che il gruppo dei socialisti europei non avrebbe accettato che all'Italia venisse riconosciuta una vicepresidenza esecutiva. Allora, delle due l'una, senatore Delrio, o voi siete d'accordo con questa posizione e io non lo penso, oppure quando negli anni passati avete parlato spesso di isolamento internazionale non stavate parlando con me. Credo che dobbiate farvi sentire dal vostro gruppo, perché io escludo che il gruppo dei socialisti possa votare sul Commissario italiano in modo diverso da come gli dice il gruppo italiano dei socialisti che è anche la delegazione più numerosa.

Per cui mi aspetto, se è vero quello che mi avete detto in quest'Aula, e ripeto io ci credo perché su queste cose ci credo, mi aspetto che nelle prossime ore cambi la posizione dei socialisti sulla facoltà o meno per questa Nazione, perché qui noi non stiamo parlando del Commissario di Fratelli d'Italia, del centrodestro o del Governo italiano, qui stiamo parlando del Commissario italiano, e quindi io, poiché credo che amiate questa Nazione, mi aspetto che la posizione del Partito Socialista nelle prossime ore muti completamente riguardo al fatto che l'Italia debba o meno avere una vicepresidenza esecutiva.

Dopodiché, Israele: sono state dette molte cose sulla vicenda israeliana, sempre collega Delrio, collega Alfieri, insomma diversi, è una situazione molto complessa, io l'ho detto, in un mondo nel quale ogni giorno mi alzo e c'è un giornalista che mi chiede: “è preoccupata per…”, praticamente dovrei passare una vita di terrore, il conflitto del Medio Oriente mi preoccupa sul serio.

Il conflitto del Medio Oriente mi preoccupa sul serio e credo per questo che sia importante ragionare non inseguendo l’istinto ma chiedendosi, ogni volta che si fa una scelta, quali saranno le conseguenze di quella scelta. Io vi ho detto che la posizione che ha il Governo italiano è una posizione che penso si veda, viene riconosciuta come una posizione estremamente equilibrata da tutti gli attori della Regione. Mi considero, considero l'Italia un'amica di Israele, penso per questo che si debba anche avere il coraggio di dire quando le cose non funzionano, come fanno normalmente gli amici.

Io ovviamente comprendo le ragioni di Israele, che ha bisogno di impedire che quanto è accaduto lo scorso 7 ottobre possa ripetersi. Questo non vuol dire ovviamente che io sia d'accordo con tutte le scelte di Israele. Però una cosa la voglio dire, attenzione signori, nel senso che quando ci sono stati gli attacchi del 7 ottobre scorso io ho detto, anche in quest'Aula, che la modalità con la quale li avevamo visti raccontati al mondo, con una ferocia che era oltre, allora l'impressione che ne ho avuto io al tempo è che quegli attacchi terroristici si fossero portati avanti così perché la strategia del fondamentalismo islamico era isolare Israele, costringere Israele a una reazione troppo dura, isolare Israele nella regione. Sappiamo tutti che il vero nemico erano gli Accordi di Abramo, cioè la normalizzazione delle relazioni con Israele. Isolare Israele nelle opinioni pubbliche occidentali è più o meno quello che sta accadendo. Ma se questa era la strategia, perché era questa la strategia? Perché isolare Israele è l'unico modo per provare a cancellarla. Allora noi dobbiamo anche fare attenzione, mentre non siamo d'accordo e cerchiamo di passare anche con determinazione i nostri messaggi, a non dare il segnale dall'altra parte che Israele viene abbandonata a se stessa, perché le conseguenze di una scelta del genere potrebbero ugualmente essere conseguenze non immaginabili.

Quindi la materia è una materia molto complessa.
Io voglio approfittare anche per chiarire la vicenda delle esportazioni di armi verso Israele, perché voi sapete che dopo l’avvio delle operazioni israeliane a Gaza, il Governo ha sospeso immediatamente la concessione di ogni nuova licenza di esportazione per materiali di armamento verso Israele, ai sensi della legge 185 del 1990.
Quindi tutti i contratti firmati dopo il 7 ottobre non hanno trovato applicazione. Le licenze di esportazione verso Israele che invece erano state autorizzate prima del 7 ottobre sono state tutte analizzate caso per caso dall'autorità competente che è la UAMA, presso la Farnesina, applicando chiaramente la normativa italiana, la normativa europea e la normativa internazionale.

Voglio ricordare che la posizione italiana - lo dico anche rispetto a un dibattito che all'indomani delle dichiarazioni del Presidente Macron si è molto animato -, cioè il blocco completo di tutte le nuove licenze di esportazione, è molto più stringente, molto più restrittiva di quella applicata dai nostri altri partner di riferimento - di quella applicata dalla Francia, di quella applicata dalla Germania, di quella applicata dal Regno Unito. Questi partner continuano a operare anche per le nuove licenze una valutazione caso per caso. Noi sulle nuove licenze non facciamo una valutazione caso per caso, abbiamo bloccato tutto. Facciamo la valutazione caso per caso sulle vecchie licenze.

Chiaramente, laddove c'è il rischio che questo materiale possa essere impiegato nella crisi in atto, noi non procediamo e procediamo invece quando siamo certi che questo materiale non possa essere utilizzato. È il caso ad esempio di munizioni marittime dimostrative: licenza firmata prima del 7 ottobre, prima sospesa e poi revocata, perché non potevamo essere sicuri che; non è il caso ad esempio di componentistica per aerei che vengono assemblati in Israele per essere esportati agli Stati Uniti, perché non c'è il rischio che possano essere utilizzati.
Questo è come sta procedendo l'Italia e mi pare che sia un modo di procedere molto serio.
Dopodiché, immigrazione. Senatore Delrio, io non ho cercato di dividere l'aula tra chi è amico degli scafisti e chi no. Io ho detto che trovo vergognose delle dichiarazioni che sono state fatte da un'organizzazione non governativa che opera nel Mediterraneo, che ci dice che le guardie costiere sono i veri trafficanti di esseri umani e che invece gli scafisti sono degli innocenti che noi mettiamo in galera.
Penso che il fatto che si risponda su una materia del genere è abbastanza curioso, perché presumo che lei condivida il fatto che queste parole sono vergognose. Io sono convinta che i grandi nemici in questa questione continuino ad essere i trafficanti di esseri umani. Non credo che i nostri nemici siano le guardie costiere. Credo che i nostri nemici siano quelli che stanno facendo miliardi di euro sulla pelle di poveri disperati, di persone disperate che legittimamente sperano in una vita migliore, e non chi invece cerca di far rispettare le regole.

Mi incuriosisce che lei mi risponda su una vicenda del genere dicendo che io cerco di dividere l'aula su questo, perché parto dal presupposto che l'aula su questo dovrebbe essere d'accordo, altrimenti davvero abbiamo un problema, Senatore Delrio.
Dopodiché, voglio dire al Senatore Borghi che è già previsto che io vada in Libano - almeno su una cosa siamo d'accordo -, come anche il Ministro Tajani si sta preparando per andare in Israele e Palestina la settimana prossima. Stiamo facendo, anche con la nostra presenza, tutto quello che è possibile fare.

Chiudo. Senatrice Bevilacqua, che dire? Ci vorrebbe un po' troppo tempo per rispondere alla sequela di inesattezze, miste e a menzogne, che è riuscita a condensare in pochi minuti di intervento. Dico tre cose velocemente.
Ora, lei sostiene che io avrei detto in quest'Aula che sarebbe un errore fare la transizione ecologica perché ci consegniamo a nuove dipendenze. Non so se lei non ha capito il mio intervento o se è la solita strumentalizzazione, perché io ho detto una cosa diversa. Io ho detto che, se nel fare la transizione ecologica - cosa sulla quale siamo d'accordo -, imponiamo l'uso di un'unica tecnologia, che è l'elettrico, ci consegniamo a nuove dipendenze. Non so se lei non ha capito o sta strumentalizzando, ma il concetto garantisco che non è difficile. Il concetto non è difficile.
Guardi, il giorno che mi faccio spiegare che cosa ho detto da un esponente del Movimento 5 Stelle, mi dimetto.
Io capisco quello che state facendo, perché vede Senatrice Bevilacqua, io penso che sia veramente irresponsabile, nello scenario che noi stiamo vivendo, far credere ai giovani italiani che andranno in guerra in Ucraina per cercare di raggranellare qualche voto. Io penso che questo sia veramente un atteggiamento irresponsabile. La leggerezza con la quale voi del Movimento 5 Stelle affrontate le crisi internazionali è pari solo alla leggerezza con la quale avete affrontato il bilancio dello Stato quando eravate al Governo.

Perché guardi, Senatrice Bevilacqua, ci vuole una maschera di ferro per accusare questo Governo di gettare i soldi dalla finestra. Anche volendo, questo Governo non potrebbe gettare i soldi dalla finestra, perché li avete già gettati tutti voi, lasciandoci 200 miliardi di euro di debiti da pagare che potrebbero essere destinati a sanità, pensioni, lavoro dei cittadini e che invece voi avete destinato a ristrutturare il 4% delle case degli italiani, prevalentemente seconde case.

Vi prego, vi prego, ci vuole veramente coraggio a dire che noi gettiamo dalla finestra i soldi dei cittadini, perché noi non siamo nella posizione di gettare i soldi dei cittadini, grazie ovviamente all’eredità che ci avete lasciato.
Senatrice Bevilacqua, poi è possibile che io faccia opposizione ai cittadini, ma non è quello che i cittadini hanno detto nel giugno scorso.