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Intervento del Presidente Meloni al Business Forum Italia - Cina

Domenica, 28 Luglio 2024

Grazie mille, buongiorno a tutti. Voglio prima di tutto ringraziare il Primo Ministro Li Qiang per l’ospitalità e per le sue parole molto significative. Celebriamo oggi la settima edizione del Business Forum Italia - Cina. Sono molto contenta di vedere riuniti qui così tanti rappresentanti di autorevoli realtà, tanto italiane quanto cinesi.

La partecipazione, l'ampia partecipazione, testimonia chiaramente l'interesse che tutti abbiamo a rafforzare il partenariato tra Italia e Cina. Per riuscirci, dobbiamo essere capaci di ragionare sui punti di forza e sui punti di debolezza, su quello che ha funzionato bene e su quello che ha funzionato meno bene, e credo che questo sia il luogo dove farlo, che questa sia una grande occasione per farlo, con l'obiettivo comune di rendere le nostre relazioni commerciali sempre più eque, e sempre più vantaggiose per tutti.

Porsi questo obiettivo, dal mio punto di vista, è anche il modo più concreto per celebrare le due importanti ricorrenze che cadono proprio quest’anno: i venti anni del nostro partenariato strategico globale e i settecento anni dalla scomparsa di Marco Polo, a cui dobbiamo sostanzialmente le fondamenta più profonde nei legami tra i nostri due popoli.

Gli antichi rapporti tra Italia e Cina sono caratterizzati da una cooperazione economica e commerciale molto significativa, una dimensione strategica che dobbiamo continuare a coltivare anche e soprattutto di fronte alla complessa situazione internazionale nella quale ci troviamo. Penso chiaramente all'aggressione russa e ai danni dell'Ucraina, penso alla crisi in Medio Oriente, penso alle tensioni nel Mar Rosso, all'instabilità crescente in Africa.

Sono tutte crisi che, rimettendo in discussione l'ordine internazionale basato sulle regole, si ripercuotono inevitabilmente anche sulla sicurezza e sull'integrazione economica globale. E queste crisi, insieme allo shock della pandemia, ci hanno posto di fronte anche agli effetti collaterali della globalizzazione, ai rischi legati al fatto di avere catene di approvvigionamento globali.

Perché se è vero che l'economia mondiale ha molto beneficiato dalla liberalizzazione dei commerci, è anche vero che i dividendi di questo processo non si sono sempre distribuiti in maniera equilibrata, non si sono distribuiti in maniera equilibrata tra le Nazioni e non si sono distribuiti in maniera equilibrata tra i diversi fattori di produzione all'interno di ciascuna Nazione.

È una realtà con la quale noi siamo chiamati a fare i conti, perché tutto questo pone un rischio oggettivo in termini di sicurezza economica. All'aumento delle tensioni geopolitiche si somma chiaramente una tendenza alla frammentazione geo-economica e su tutto questo scenario già complesso, impatta l'emersione di tecnologie che sono dirompenti. La citava il Primo Ministro, il tema, ad esempio, dell'intelligenza artificiale generativa - è stato oggetto di una parte del nostro proficuo confronto - che è inevitabilmente destinata a incidere profondamente sui nostri tessuti sociali e sui nostri tessuti economici, a cambiare integralmente interi segmenti produttivi.

So che anche in Cina è in corso un vivace dibattito su quelle che sono state definite “nuove forze produttive”, alludendo, immagino, proprio all'impatto dell'intelligenza artificiale sulla produttività e, aggiungo io, anche sulla creazione e sulla distruzione potenziale di posti di lavoro. Ognuno di noi sviluppa chiaramente il proprio approccio, ma io credo che al di là delle diverse sensibilità sia fondamentale sviluppare un ragionamento comune, proprio alla luce delle ricadute che l'intelligenza artificiale avrà sul mercato del lavoro, anche per quelle professioni che hanno una specializzazione più elevata.

Sarebbe per noi un errore ignorare i crescenti rischi di polarizzazione, di ulteriore verticalizzazione della ricchezza, per non dire di quelli associati alla perdita di controllo umano sulle decisioni che prenderanno le macchine che intanto vengono impiegate nei più svariati settori, inclusi quelli medici, quelli della sicurezza, addirittura quelli del campo militare. Affrontare queste sfide chiaramente richiede una collaborazione costruttiva e molto trasparente.

Sono questi elementi, assieme al rispetto dei principi di reciprocità e di parità di condizione, che costituiscono da sempre la chiave di volta nelle relazioni tra le Nazioni. Oggi, più che mai, se noi non vogliamo rischiare che siano irrimediabilmente compromesse pace e stabilità, abbiamo bisogno, anche nei rapporti economici e commerciali, di una strategia che sia sempre più condivisa, che sia basata su decisioni che non ci danneggino l'un l'altro e che seguano alcuni principi di base, tra questi sicuramente promuovere la capacità di competere rendendo le nostre economie e le catene di produzione e di approvvigionamento più resilienti agli shock, più diversificate, in grado di generare innovazioni tecnologiche senza che si perda capacità manifatturiera.

Liberare il potenziale del settore privato, agevolandone una crescita sana al riparo dai sostegni a volte distorsivi della concorrenza e, ancora, tenere presente l'esigenza della proporzionalità per fare sì che gli strumenti di difesa economica siano commisurati al reale livello di rischio e non producano una compressione involontaria della libertà economica e commerciale, anche internazionale, principio che è tratto distintivo di una democrazia come l'Italia e di una società aperta come la nostra.

La nostra Nazione chiaramente resta desiderosa di cooperare, è ovviamente fondamentale per noi che i nostri partner si dimostrino genuinamente cooperativi, che giochino secondo le regole, per assicurare che tutte le aziende possano operare sui mercati internazionali in condizioni di parità, perché se vogliamo un mercato libero quel mercato deve essere inevitabilmente anche equo.

Questo approccio ci offre anche l'opportunità storica di costruire un nuovo modello di cooperazione con gli attori del Sud globale, a cominciare dall'Africa, che è un interlocutore per noi fondamentale, - siamo una Nazione mediterranea, - ci offre l'occasione anche di dimostrare che si può collaborare in modo leale, trasparente e reciprocamente vantaggioso, perché questa è l'unica vera cooperazione di lungo periodo, e le relazioni tra Italia e Cina sono state qui generalmente ispirate a questi principi, sono relazioni che nonostante gli shock degli ultimi anni si sono dimostrate solide e resistenti.

L'interscambio è cresciuto, si è assestato nel 2023 a circa 67 miliardi di euro con un ampio potenziale credo ancora inespresso, ne abbiamo parlato. Non possiamo nascondere il problema del forte squilibrio con un importante deficit per l'Italia, è una questione di grande rilevanza che vogliamo affrontare insieme e portare verso un progressivo bilanciamento.
Su questo il Governo italiano è ovviamente pronto a lavorare insieme alle autorità cinesi, insieme al settore privato. Sono convinta che il dialogo su questo tema, cioè sul miglioramento delle
condizioni di accesso al mercato cinese e sulla tutela della proprietà intellettuale, possa produrre effetti ben più benefici di quelli che noi possiamo oggi immaginare.

Per questo sono contenta di vedere qui oggi tanti protagonisti del Made in Italy, che è qualità, creatività, tradizione, identità, che è un potentissimo diffusore di cultura, di conoscenze, di tradizione e di innovazione, sapientemente miscelate e capace di attraversare epoche e confini. Promuovere, valorizzare e salvaguardare queste eccellenze sui mercati esteri è una priorità assoluta del Governo italiano, perché - come ricordavo al Primo Ministro - l'Italia non può competere sulla quantità del prodotto, né intende farlo.

Però sappiamo anche che non molti riescono a competere con noi sulla qualità del prodotto e dunque inevitabilmente, l'eccellenza rimane il nostro primo obiettivo e rimane la nostra principale strategia. Alle nostre culture e storie millenarie si unisce una straordinaria spinta anche verso le nuove tecnologie e lo dimostra il fatto che i protagonisti del nostro interscambio sono settori ad alto valore aggiunto.

Penso alla farmaceutica, penso alla meccanica, alla biomedicina, che da soli fanno il 40% delle esportazioni italiane verso la Cina. Rafforzare la cooperazione economica significa anche promuovere buoni investimenti diretti, in entrata e in uscita, reciprocamente vantaggiosi, trasparenti e sostenibili, che garantiscano ricadute positive in termini di posti di lavoro, di qualità e sviluppo dei luoghi che li ricevono. Attrarre investimenti esteri ci consente di alimentare la crescita economica della nostra Nazione e la sua crescita occupazionale.

È importante che siano investimenti buoni, e cioè sono quegli investimenti da cui possiamo trarre beneficio in termini di incremento della produttività e del valore aggiunto, che consentono di aggiornare le competenze manageriali e tecnologiche indispensabili per fronteggiare la concorrenza, che contribuiscono al generale rafforzamento della presenza oltre confine delle nostre aziende, favorendo forme virtuose di partenariato con società straniere, a fronte chiaramente di piani di sviluppo industriali trasparenti e verificabili.

Quando parliamo dell'Italia e del suo potenziale manifatturiero, noi parliamo di uno straordinario tessuto imprenditoriale e di filiera sul territorio. Parliamo di oltre 3.000 piccole e medie imprese innovative e di eccellenza. In molti settori, basti pensare al settore automobilistico, noi siamo tra le poche Nazioni che sono in grado di offrire una capacità di filiera, dal design alla componentistica, passando per la manifattura. È importante che anche il mondo imprenditoriale cinese sia cosciente dei vantaggi comparativi, delle regole del mercato italiano, di quanto sia oggi dinamico e aperto ai buoni investimenti e anche sotto questo profilo c'è un importante lavoro che ci piacerebbe fare insieme, che stiamo cercando di fare insieme, finalizzato al riequilibrio degli investimenti.

L'impresa italiana in Cina, come sapete, continua a fare la sua parte, non mi dilungo su esempi specifici, ma metto in rilievo un semplice dato. Gli investimenti cinesi in Italia sono oggi circa un terzo di quelli italiani in Cina, è un divario che ci piacerebbe colmare nel modo giusto e colmarlo rappresenta dal mio punto di vista un'ottima occasione per noi.

L'Italia chiaramente rimane disponibile ad ascoltare chi vuole produrre, investire, condividere nuovi spazi industriali, creare occupazione e ricchezza, proprio come finora hanno sempre fatto i nostri imprenditori all'estero. Il legame tra imprese, risorse umane e territori, è da sempre la chiave del nostro successo. Oggi stiamo lavorando per garantire che l'Italia sia sempre più una destinazione competitiva, equa, attraente per le imprese globali e il Memorandum di collaborazione industriale che abbiamo sottoscritto è un passo assolutamente significativo in questa direzione.
Comprende ora settori industriali strategici come la mobilità elettrica, le rinnovabili, settori dove peraltro la Cina già da tempo opera sulla frontiera tecnologica, il che inevitabilmente richiede di agire come una economia pienamente sviluppata, qual è, condividendo anche con i partner le nuove frontiere della conoscenza. Noi rimaniamo un'economia solida, strategicamente posizionata in Europa e nel Mediterraneo. Il livello della ricerca dell'innovazione e la forza del nostro sistema manifatturiero sono da sempre i nostri punti d'eccellenza.

Oggi possiamo vantare anche un'importante stabilità politica che dalle nostre parti è un fatto a volte raro e anche questo è molto importante, perché avere stabilità politica consente di mantenere intatta la strategia, ed è un valore aggiunto per chi riceve gli investimenti e per chi investe in una Nazione.

Non voglio dimenticare la valenza economica di un settore strategico come il turismo, che il mio Governo continuerà a sostenere con grande determinazione, e vale la pena ricordare che Italia e Cina, entrambe eredi di un patrimonio culturale straordinario, rivaleggiano in un avvincente testa a testa nella graduatoria del maggior numero di siti che sono patrimonio dell'UNESCO. E quindi, in conclusione e ringraziando ancora tutti, credo che Italia e Cina abbiano ancora molta strada da fare insieme e penso che tocca a noi lastricarne il percorso, con determinazione, con concretezza, e con rispetto reciproco. Grazie a tutti e buon lavoro per quello che produrrete in questo Business Forum.