50 anni de "il Giornale", intervista del Presidente Meloni con il direttore Sallusti

Mercoledì, 19 Giugno 2024

Presidente Meloni: Grazie per questa immeritata presentazione che mi hai fatto. Mi dispiace un po’ che dobbiamo essere brevi secondo me, perché vedo tutte queste persone in piedi, e sarà che io ho dei tacchi di un certo livello - come La Russa impone e la mia statura -, ma penso che potrebbero soffrire molto se ci dilungassimo.

Direttore Sallusti: Entriamo subito nel vivo. Una delle cose che ti invidio è che quando nasce “il Giornale” tu non eri ancora nata. Tu sei giovane. 

Presidente Meloni: Sì io sono nata qualche anno dopo. Beh giovane è un parolone, però sicuramente sono nata qualche anno dopo dalla nascita de “il Giornale”. Penso che ci fosse davvero una ragione molto importante per essere qui stasera, lo voglio dire: ho seguito il tuo intervento, avrei potuto sottoscrivere ogni parola. Credo che la scelta fatta da Indro Montanelli nel 1974, quindi intanto qualche anno dopo il ‘68, anni di piombo, la scelta di far nascere una voce che fosse controcorrente era una scelta di estremo coraggio ed era una scelta non scontata. Tu citavi quando 50 anni fa girare con “il Giornale” poteva essere la ragione di un'aggressione, di insulti, ma io ricordo che, quando ho cominciato a fare politica e lì parliamo dei primi anni 90, quindi non parliamo di 50 anni fa, già eravamo abbastanza avanti, se ti fossi aggirato in alcune facoltà dell'Università la Sapienza di Roma con in mano “Il Giornale”, avresti ugualmente rischiato di essere aggredito, di essere insultato. Ciò non toglie che ci sono stati degli editori, ci sono stati dei giornalisti, ci sono stati dei direttori che hanno scelto di offrire al pubblico, offrire ai lettori una cosa che è molto importante e che è la possibilità di ascoltare tutte le campane, di ascoltare tutti i punti di vista. Io non penso mai che chi compra un giornale lo fa perché aderisce necessariamente al punto di vista di chi scrive. Io credo che chi legge i giornali e cerca di leggerne diversi, lo faccia soprattutto per avere un quadro più completo delle letture possibili. E quindi questo è un servizio di libertà. 

Direttore Sallusti: La vera libertà di stampa è il pluralismo. 

Presidente Meloni: Esattamente. E invece quelli che storicamente ci raccontano di essere i grandi difensori della libertà di stampa e di parola sono anche quelli che per molti anni non hanno tollerato che potessero esserci delle voci distoniche, delle voci diverse. Ciò non toglie, ripeto, che nonostante le difficoltà, c'è qualcuno che questo lavoro lo ha fatto, che lo ha fatto per 50 anni, che lo ha portato fino a noi ed è una storia rara, soprattutto appunto per un giornale che rappresenta una determinata visione, tolti quelli che sono i giornali di partito - cito il Secolo d'Italia. Ma è una storia rara e penso che per quella storia, per questo risultato, per questi 50 anni e per quello che ancora “Il Giornale” ci continua a regalare, noi si debba davvero dire un grazie enorme a tutti i suoi giornalisti, ai suoi editori, quindi storicamente la famiglia Berlusconi e adesso la famiglia Angelucci, ai suoi direttori e quindi tutti i suoi direttori, compreso te Alessandro al quale faccio i miei complimenti e a Vittorio Feltri che non ho ancora visto ma mi avete detto che c'è e quindi gli mando un abbraccio enorme dal palco. Complimenti davvero.

Direttore Sallusti: Dopo veniamo sull'attualità, pensando in queste ore trovavo un’analogia con quello che fece Montanelli. Cioè Montanelli tutto sommato era casato in un bel posto, al Corriere della Sera, una situazione comoda, prestigiosa, dove avrebbe potuto stare fino alla fine, invece ha deciso di rischiare in nome di un'idea. Non si trovava più nell'idea del Corriere della Sera e ha rischiato. Tu in politica hai fatto un po’ la stessa cosa, cioè in fondo tu stavi benissimo in quel, come si chiamava, la Casa delle Libertà, PDL, Partito delle Libertà, e a un certo punto hai deciso di fare come Montanelli. 

Presidente Meloni: Guarda io penso che la cosa più seria che noi abbiamo a disposizione per fare le nostre scelte sia l'istinto. Io ho scelto di non fare mai niente in cui non mi trovo a mio agio. So che questo può comportare dover 
lavorare molto di più, so che può poter comportare dei rischi, però alla fine ho sempre seguito quello in cui stavo bene, in cui mi sentivo a mio agio. Per me non c'è cosa più importante alla fine di questo percorso che poter camminare a testa alta, guardarmi allo specchio e non avere paura di quello che vedo. E alla fine ho portato avanti tutte le mie scelte così, anche quando era difficile, anche quando era doloroso. Quando decisi di lasciare insieme a molti altri che sono qui il Popolo della Libertà non mi trovavo a mio agio, quando ho deciso di non far parte delle varie maggioranze dei vari governi, che pure mi si diceva che sarebbe stata la scelta giusta invece partecipare, quando una cosa non mi appartiene preferisco non farla, nel dubbio. 

Direttore Sallusti: Senti, lasciami fare per per cinque minuti il giornalista. Io credo che non solo i colleghi che sono presenti ma anche i nostri ospiti siano curiosi di sentire dalla tua viva voce un po’ il punto sia pure sintetico e rapido della situazione. La prima domanda che mi viene in mente è se sei soddisfatta e come leggi il risultato delle elezioni europee concluse pochi giorni fa. 

Presidente Meloni: Lo leggo molto bene, il risultato delle elezioni europee. Ribadisco quello che ho detto la sera stessa del voto, che per me è stato un risultato più importante di quello delle elezioni politiche, perché è un voto diverso. Il voto del 2022 poteva anche essere un voto di protesta, di aspettativa, di speranza. Dopo quasi 20 mesi di governo, tra l'altro in una situazione impossibile come quella 
che noi ci troviamo ad affrontare, con scelte che devi fare, che sono spesso anche difficili, che sono scelte coraggiose, il voto degli italiani diventa un voto di conferma.  È un voto più, dal mio punto di vista, concreto, più meditato. E quindi per me è stata una grande soddisfazione. Ed è stata una grande soddisfazione proprio perché per noi non è stato facile fare le scelte che abbiamo fatto in questa situazione complessa in questi due anni. E questo dice una cosa estremamente importante degli italiani: che capiscono il buon senso. E oggi la lettura che, secondo me, la classe politica dovrebbe dare dei cittadini è molto diversa da quella che ha spesso dato. C'è una politica che pensa che quello che sembra valga più di quello che è, che pensa che comunicare sia più importante di fare, che pensa che se menti alla fine forse puoi andare meglio. Non è così, non è così. La gente capisce e capisce anche le materie più complesse, e vede anche quando tu sei chiamato a fare delle scelte complesse. Se le fai con buon senso, gli italiani lo capiscono. Per me questo è fondamentale. Punto primo, punto secondo, sono estremamente fiera del risultato della maggioranza, non semplicemente di Fratelli d'Italia. Ho già fatto i miei complimenti sia ad Antonio Tajani che a Matteo Salvini per il risultato della Lega e di Forza Italia. Si dimostra ancora una volta che il centrodestra può crescere insieme, che non è vero questo racconto che pure viene spesso fatto dagli osservatori, che se un partito andrà bene diventa un cannibale dell'altro. No, noi abbiamo lavorato per crescere tutti, per pescare in altri ambiti, nell'ambito anche di quelli che erano stati indecisi a votare e tutti i partiti della maggioranza sono cresciuti e questo per me è estremamente prezioso, si riavvicina un pochino il bipolarismo, non potrei dire che siamo in un sistema bipolare perché nel centro-destra c'è una coalizione coesa, nel centro-sinistra oggi obiettivamente non c'è, c'è un po' tutto e il contrario di tutto, anzi io vedo che tra il PD a guida Schlein che cresce e il risultato di Bonelli e Fratoianni, vedo un rischio radicalizzazione a sinistra, mentre diciamo l'elettorato più moderato si è chiaramente spostato verso il centro-destra, però sicuramente c'è stata una semplificazione del quadro. La morale è che gli italiani ci chiedono di andare avanti e io intendo farlo, noi intendiamo farlo con una maggiore determinazione. 

Direttore Sallusti: Tra le cose che hai citato, i problemi complicati, le cose complicate da capire, difficili da capire, io ti dirò che pur essendo un addetto ai lavori sia pure non un esperto, per esempio faccio abbastanza fatica a capire che cosa sta succedendo adesso dopo le elezioni in Europa, cioè come stanno andando queste trattative per la formazione del nuovo governo? 

Presidente Meloni: Allora guarda, grazie perché in effetti da molte delle ricostruzioni che io anche leggo mi rendo conto che in effetti è abbastanza complessa la dinamica europea per come noi siamo abituati a leggere la politica. Provo a semplificarti, secondo me intanto bisogna ragionare su due diverse fasi. C'è una prima fase che è il dibattito di questo momento, che riguarda l'individuazione degli incarichi apicali che sono Presidente del Consiglio, Presidente della Commissione, Presidente del Parlamento e Alto rappresentante, di solito avviene tenendo conto di quelli che sono i pesi dei gruppi politici. Lì attualmente c'è un tentativo di accordo tra socialisti, popolari e liberali per cercare di sistemare queste caselle.
Dirò come la penso, come al solito, non si profila il cambio di passo attualmente che era stato immaginato, anche se per onestà intellettuale bisogna dire che è anche frutto del risultato delle elezioni, perché le elezioni in Europa hanno dato un segnale di diversificazione non sufficiente a modificare completamente il quadro, quindi almeno per i popolari e per i socialisti parliamo dei due principali gruppi. E quindi c'è questa fase che attualmente non disegna un cambio di passo.
Quello che io ho trovato surreale, e l'ho detto, lo posso dire a voi perché l'ho già detto il Consiglio europeo, anche se informale, successivo alle elezioni, alcuni siano arrivati con delle proposte di nomi per gli incarichi apicali senza neanche fare la parte, come si dice a Roma, di fare prima una riflessione su quale fosse, diciamo, l'indicazione che arrivava dai cittadini e su quale dovesse essere il cambio di passo sulle priorità. Lo dico a te perché l'ho detto al Consiglio europeo perché io non interpreto la democrazia così e perché penso che siano questi atteggiamenti che hanno allontanato i cittadini europei dalle istituzioni europee. Credo che si sia tentato di correre perché i protagonisti di questo tentativo di accordo si rendono conto che può essere un accordo fragile e questo mi porta alla seconda fase che però per me è molto più importante e che riguarda due questioni sostanzialmente. La prima, comunque vada e chiunque ricoprirà questi incarichi apicali, tutti sanno qual è il ruolo che spetta l'Italia, tutti sanno qual è il ruolo che spetta a una Nazione che è fondatrice dell'Unione europea, che è la seconda manifattura d'Europa, che è la terza economia d'Europa e che ha oggi tra le grandi Nazioni europee il governo più solido di tutti. È un ruolo di massimo rango che chiaramente io intendo rivendicare per l'Italia. La seconda questione è che le elezioni hanno chiaramente spostato il baricentro dell'Europa verso destra e io penso che al di là di quello che accadrà adesso con questi incarichi apicali, lì si possa disegnare un cambio di passo.
Penso che nell'attuale Parlamento, sui vari dossier, si vedrà che quel cambio sulle materie, sulle priorità, sul modo di leggere alcune politiche ci possa essere. Penso che gli stessi popolari si rendano conto ovviamente che per loro continuare a seguire le politiche della sinistra di questi anni sarebbe fatale e quindi il mio ruolo oggi è quello di intanto organizzare il fronte alternativo alla sinistra, dialogare con tutti, è quello che sto facendo. Annuncio che, diciamo, se le cose vanno come credo, il gruppo dei conservatori europei, che è il gruppo che ho l'onore di presiedere, oggi è diventato il terzo gruppo per numero di parlamentari in Europa e quindi io mi sto occupando di questo, dialogando con tutti e aggregando e penso che qualche sorpresa nel futuro dell'Unione Europea sulle maggioranze che si costruiranno sui vari dossier in Parlamento potrebbe arrivare. Spero di aver chiarito un pochino un quadro che è estremamente complesso. 

Direttore Sallusti: Senti, allarghiamo la visuale dall'Europa al mondo, il mondo che tu hai toccato con mano poche ore fa, pochi giorni fa, nel G7 di Borgo Egnazia. Come ne sei uscita da quel G7 rispetto ai grandi temi, alcuni drammatici, che girano per il mondo? Ne sei uscita più ottimista? Come?

Presidente Meloni: Ne sono uscita soddisfatta. Ne sono uscita soddisfatta per il fatto che l'Italia è riuscita a indicare la rotta, a indicare la strada su alcune priorità italiane. La Presidenza italiana aveva immaginato alcune priorità: il governo dell'intelligenza artificiale, il rapporto con l'Africa e il Mediterraneo - che per noi è fondamentale perché il nostro obiettivo deve essere quello di recuperare la nostra centralità nell'ambito mediterraneo -, immigrazione. Al G7 in quasi 50 anni non si era mai parlato di immigrazione, e non è solo parlare di immigrazione. Noi abbiamo assistito in questi anni, Alessandro, a un dibattito sull'immigrazione per cui chi voleva fermare i trafficanti di esseri umani, l'immigrazione illegale era per paradosso il cattivo e chi favoriva il traffico di uomini e donne era quello buono. Ecco, noi abbiamo ribaltato questo paradigma. Oggi tutti ragionano in un altro modo. È stata un'iniziativa italiana, anche con risultati concreti. Perché su tutte le materie principali, ma sulle questioni poste della Presidenza italiana in particolar modo, noi siamo usciti con risultati concreti, che vanno appunto dal tema degli investimenti in Africa - una serie di iniziative che non sto a citare per ragioni di brevità -, al tema dell'intelligenza artificiale, dove bisogna tentare di trovare una sintesi tra la necessità di sviluppare l'intelligenza artificiale e il governo dei rischi. Abbiamo immaginato il tema del labelling, cioè del marchio che consente di riconoscere le aziende che sviluppano l'intelligenza artificiale tenendo in considerazione il tema della centralità dell'uomo. Sulla immigrazione oggi c'è una coalizione per combattere i trafficanti di esseri umani seguendo tra l'altro l'insegnamento di Falcone e Borsellino, cioè “follow the money” - segui i soldi -, quindi andare a colpire i guadagni di questi trafficanti. E io li considero dei risultati molto importanti. Dopodiché - come al solito ovviamente ho letto polemiche di ogni genere - voglio dire anche che: rivendico di aver organizzato un G7 all'altezza della reputazione italiana; rivendico di averlo fatto in una Regione del Sud anche per smontare i pregiudizi che fino al giorno prima dell'inizio del G7 abbiamo letto su alcuni media della stampa internazionale; rivendico di aver fatto mangiare ai Leader delle Nazioni presenti i panzerotti pugliesi. Perché secondo me proprio nel momento in cui si organizza un evento globale si deve sapere che noi non siamo in grado di risolvere i problemi che abbiamo se non ripartiamo dalla nostra identità, se non ripartiamo dalla nostra tradizione, dalle nostre specificità che sono quello che ha fatto la nostra civiltà. Quindi sì, volevo un borgo globale, un borgo - quindi la tradizione - nel quale i Leader del mondo potessero discutere di questioni globali. E sono contenta che ci siano state le mozzarelle annodate a mano, le signore che facevano le collane con i noccioli dell'ulivo, gli artigiani dell'ulivo, anche per raccontare la tragedia della xylella in Puglia. E penso che, siccome questo è un pezzo della grandezza italiana, non si potesse non fare vedere. Infatti, mentre qui facciamo le polemiche, perché purtroppo siamo abituati così, anche quando gli altri ci fanno i complimenti e noi ci facciamo le polemiche, ma comunico che tutti gli altri ci hanno fatto i complimenti per uno dei G7 meglio riusciti della storia del G7. 

Direttore Sallusti: Chiudiamo perché anche i tuoi collaboratori mi fanno degli strani segni. Più o meno un anno fa, tu mi avevi detto una frase che mi aveva colpito: “Se mi fanno arrivare viva alle elezioni europee, poi si va davvero”. Sei è arrivata viva, addirittura stra-viva alle elezioni europee. Come vedi i prossimi tre anni di governo? 

Presidente Meloni: Intanto diciamo che noi, comunque, anche in questo anno e mezzo abbiamo dato il massimo, ma sicuramente il segnale che arriva dai cittadini è un segnale ad andare avanti con ancora maggiore determinazione ed è quello che intendiamo fare dicevo, Alessandro, e lo ripeto. Ricordo che in 20 mesi questo governo ha fatto più riforme di quante non ne siano state fatte negli ultimi anni e anni e anni, riforme coraggiose, e ricordo che dall'altra parte abbiamo un'opposizione che invece è contraria a modificare qualsiasi cosa. Credo che gli italiani debbano scegliere da che parte stare. Io non penso che questa sia una Nazione nella quale le cose vanno tutte bene e penso che le cose che vanno male ci si debba assumere la responsabilità di cambiarle. Quando abbiamo fatto la riforma fiscale, attesa da 50 anni, hanno detto che non andava bene e che eravamo amici degli evasori. Quando abbiamo fatto la riforma sull'autonomia differenziata, che tra l'altro è stata appena approvata, hanno detto che non andava bene perché dividevamo l'Italia. Quando abbiamo fatto la riforma sul premierato hanno detto che non andava bene ma non si è capito perché, perché la verità non la possono dire, cioè che non decidendo più loro nel Palazzo ma decidendo i cittadini fuori del Palazzo a loro non va bene. Quando abbiamo fatto la riforma del codice degli appalti ci hanno detto che non andava bene. Quando abbiamo fatto la riforma della giustizia non ne parliamo. Vuol dire che il nostro sistema istituzionale va bene? Che il fisco andava bene? Che la giustizia andava bene? No, ok? Non c'è una proposta alternativa, c'è solo il mantenimento dello status quo. È un sistema di potere che si difende, ma io non sono qui per sopravvivere, non sono qui per far finta che sto facendo delle cose, né io, né Matteo, né Antonio. Noi siamo qui per cambiarla questa Nazione. E tutte le riforme che abbiamo fatto, se ci fai caso, sono riforme economiche. È una riforma economica la riforma del fisco, che costruisce un rapporto completamente diverso tra lo Stato e i cittadini e dà un segnale molto importante al tessuto produttivo particolarmente. Non disturberemo chi vuole creare ricchezza, che secondo me è un messaggio. Infatti noi lo vediamo nei dati sull'economia, che poi dipendono dal valore delle nostre aziende e dei loro lavoratori, che però oggi forse lavorano in un clima differente, in cui non c'è uno Stato che fa di tutto per impedirti di lavorare, ma c'è uno Stato che ti cammina accanto e cerca di darti una mano a produrre quella ricchezza. Vale così per l'autonomia differenziata, che è fondamentalmente una norma di responsabilizzazione delle classi dirigenti. Vale così per il premierato, perché ho spiegato cento volte come la stabilità politica e avere un governo che risponde a un mandato chiaro dei cittadini faccia la differenza. Noi lo vediamo oggi, con un governo che è stabile, la differenza che questo sta facendo. E vale per la riforma della giustizia, perché segnalo sommessamente che con qualsiasi investitore internazionale io parli, uno dei primi problemi che mi fa è il tema del malfunzionamento della giustizia in Italia. Il prossimo è la burocrazia, che è un altro grande tema del quale bisogna occuparsi. Ma noi andremo avanti con le riforme e gli italiani decideranno alla fine di questa esperienza se vogliono stare con chi difende lo status quo, con chi non vuole cambiare niente, con chi bene o male non vuole mettere in discussione un sistema di potere, o con chi tenta di fare del suo meglio per restituire ai cittadini una Nazione nella quale siamo capaci di liberare le energie che ci sono.