'La geopolitica del digitale e le nuove sfide della politica internazionale', intervento del Sottosegretario Mantovano

29 Maggio 2024

Intervento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, alla conferenza pubblica 'La geopolitica del digitale e le nuove sfide della politica internazionale', organizzata dalla Fondazione Med-Or, presso l'Università Luiss Guido Carli.

Un incontro sul tema che oggi viene trattato non si sarebbe tenuto fino a pochi anni fa, diciamo fino all’inizio della pandemia. Sarebbe suonato strano accostare: 

  • la geopolitica, che per definizione ha a che fare con la sfera della “terra”, in particolare con i conflitti nello spazio fisico; 
  • e il digitale, che si realizza lontano dalla dimensione fisica e che, proprio per la capacità di superare le frontiere degli Stati, era percepito come lo spazio ideale per realizzare l’utopia di un mondo sempre connesso e pacificato.

La digitalizzazione integrale della vita – fino ai nostri micromovimenti fisici, costantemente tracciati e trasformati in dati dagli smartwatch che indossiamo – ha trasferito nella dimensione informatica le principali dinamiche che attraversano il mondo “fisico”: parafrasando Carl von Clausewitz si potrebbe dire che il digitale è diventato spesso “la continuazione della guerra con altri mezzi”.

Individuo tre ambiti nei quali l’intreccio tra geopolitica e digitale è diventato sfidante in questi ultimi anni.

Il primo è quello delle infrastrutture critiche: digitali e fisiche. 
È già stato ricordato come le infrastrutture critiche digitali sono sempre più sotto attacco. Non soltanto per via di cyber-attacchi di matrice strettamente criminale, ma anche di quelli realizzati da hacker che agiscono per supportare l’agenda di attori politicamente rilevanti, come governi stranieri o gruppi terroristici internazionali: delle oltre 300 aggressioni DDos registrate dall’Agenzia nazionale per la cybersicurezza nel 2023, con un aumento del 625% rispetto al 2022, più dell’80% aveva ha una matrice politica, essendo state rivendicate da gruppi di hacktivisti, per lo più filorussi o pro-Palestina, con un picco non casuale a ridosso del 7 ottobre scorso. L’intelligence mostra inoltre come anche dietro ad attacchi motivati da ragioni economiche, i cosiddetti ransomware, si celi spesso l’azione di attori statutali o para-statuali.
Per questo il Governo è impegnato a rafforzare le nostre infrastrutture digitali. Oltre ad essere al lavoro per il recepimento della Direttiva europea “NIS-2”, che si rivolgerà ai soggetti operanti nei settori più delicati (energia, trasporti, banche, infrastrutture finanziarie, sanità ecc.), abbiamo approvato in cdm un DDL proprio sul rafforzamento della cybersicurezza. Esso ampia il perimetro applicativo delle normative più stringenti in materia di cyber-security, estendolo per es. alle ASL e ai Comuni con più di 100.000 abitanti, stabilisce procedure chiare di allarme e di intervento, affronta i rischi di sovrapposizione fra autorità giudiziaria, polizia giudiziaria e ACN, rimodula il sistema sanzionatorio. È passato alla Camera col concorso delle opposizioni ed è in via di rapida approvazione al Senato.
Come sarà già stato ricordato nelle relazioni precedenti, la tutela della sicurezza cibernetica passa anche dalla sicurezza delle infrastrutture fisiche serventi al digitale, a cominciare dai cavi sottomarini, da cui dipende circa il 90% delle connessioni del pianeta. Con i progetti di connessione di Telecom Sparkle, l’Italia sarà sempre più hub europeo per il collegamento tra Nord Africa e Europa, in piena sintonia con lo spirito del Piano Mattei.

Un secondo ambito in cui geopolitica e digitale si toccano è quello della sicurezza economico-industriale.
In Europa di questo ci siamo accorti di recente, quando obiettivi strategici – come la transizione digitale e la transizione ecologica – si sono mostrati a forte rischio a causa della restrizione delle forniture di materie prime (soprattutto le cc.dd. “terre rare”) e di tecnologie avanzate provenienti da altre Nazioni.
L’Occidente è corso al riparo, in via d’urgenza, con norme di tipo prevalentemente “difensivo”, per es. ampliando i regimi di controllo degli investimenti esteri (golden power) ai nuovi settori più critici, come quello dei semiconduttori, per evitare che, tramite acquisizioni societarie, attori ostili avessero accesso diretto a programmi, prodotti e tecnologie pregiate in questi settori. Ma questo non basta. Problemi così complessi richiedono infatti di:
a) ristrutturare completamente le filiere di approvvigionamento;
b) stimolare la crescita dell’industria nazionale nel campo delle tecnologie più avanzate, in particolare dell’IA, per aumentare il grado di autonomia strategica.

a) Riguardo al primo aspetto, a breve un disegno di legge sarà presentato in Consiglio dei Ministri. Le interlocuzioni internazionali sono costanti: la settimana scorsa, è l’esempio più recente, il Ministro Urso si è recato in Egitto e in Libia, e ha posto le basi per collaborazioni bilaterali quanto alla estrazione e alla lavorazione delle materie prime critiche.
Più in generale, nella cornice del Piano Mattei, puntiamo a più abbondanti e sicuri approvvigionamenti di fattori produttivi critici essenziali per le transizioni digitale ed energetica, garantendo ai partner africani, in condizioni di paritarietà, l’accesso al know-how ingegneristico e imprenditoriale italiano.
b)  Il tema dello sviluppo del sistema industriale italiano nei settori delle tecnologie più avanzate è urgente e complesso.
È urgente perché, pur essendo le nostre aziende grandi utilizzatrici di tecnologie avanzate, anche di quelle basate su I.A., non le sviluppiamo nella stessa misura: tra il 2021 e il 2022 l’Italia era il sesto Paese al mondo per utilizzo di robot industriali, sopra Francia India, ma era fuori dalla top 15 dei Paesi con il maggior numero di nuove imprese operanti nel settore dell’intelligenza artificiale. Questo è un problema, perché ci condanna a forme di dipendenza nei campi in cui queste nuove tecnologie trovano applicazione, a cominciare dallo spazio. La competizione è accanita: due giorni fa la Cina ha annunciato la creazione di un nuovo fondo da 47,5 miliardi di dollari per rilanciare lo sviluppo dell’industria dei microchip.
La sfida è resa complessa perché la nascita e la crescita di start-up in questi ambiti incontra ostacoli sia di natura finanziaria sia carattere logistico, organizzativo e gestionale. Con il DDL Intelligenza Artificiale abbiamo scelto un approccio di respiro, e abbiamo stanziato fino a 1 miliardo di euro da investire in favore di PMI operanti nei settori delle tecnologie più avanzate (non solo IA ma anche 5G, quantum computing, ecc.). Abbiamo previsto che questi fondi siano gestiti con il coinvolgimento di CDP venture capital, che avrà un ruolo fondamentale affinché, accompagnando le nascenti imprese a 360°, queste risorse siano davvero in grado di fare la differenza, senza trasformarsi in contributi “a pioggia”.

C’è un terzo livello in cui tuttavia l’intreccio tra geopolitica e digitale si fa delicato,: è quello dell’impatto che queste nuove tecnologie hanno nell’equilibrio tra sicurezza nazionale e diritti fondamentali.
Le tecnologie digitali di ultima generazione potenziano le capacità offensive degli attori ostili, soprattutto nella creazione di contenuti a scopi propagandistici. 
È della settimana scorsa la notizia che l’ISIS ha realizzato il primo “notiziario” interamente con l’I.A. L’uso dell’intelligenza artificiale generativa farà sì che lo Stato Islamico inondi il web, più di quanto non abbia già fatto, di materiale propagandistico, con contenuti frutto di manipolazioni, o addirittura con veri e propri deep fake. È un problema serio, poiché internet costituisce il principale bacino di reclutamento jihadista.
Le stesse tecnologie digitali più avanzate offrono  soluzioni tecniche di contrasto. Penso agli algoritmi impiegati per monitorare e “moderare” i contenuti del web: sono strumenti efficaci, perché “leggono” anche i contenuti di tracce audio e dei video pubblicati.
Ma hanno dei limiti: faccio un esempio. Poco più di un anno fa, l’account Facebook della fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, una realtà che si occupa di cristiani perseguitati - ne sono stato Presidente prima di assumere l’incarico di Sottosegretario a Palazzo Chigi -, viene bloccato poiché alcuni utenti hanno deciso di segnalare otto post per i contenuti ritenuti “forti o violenti”. Uno di essi conteneva la foto dei ventuno cristiani copti ortodossi uccisi nel 2015 dai jihadisti dell’ISIS sulla spiaggia di Sirte, in Libia. L’immagine era stata pubblicata per ricordarne il sacrificio e per sensibilizzare sul tema, sempre troppo poco trattato dai media tradizionali, della persecuzione dei cristiani nel mondo. Probabilmente su segnalazione di qualche utente, Facebook inizia a cancellare immagini e video in modo arbitrario, e così occulta le sofferenze (reali, non virtuali) di intere comunità cristiane e blocca la diffusione di contenuti a scopo informativo usati da ACS. Destino analogo subiscono gli account che pubblicano contenuti considerati – non sempre è chiaro su quali basi – “discriminatori” o “offensivi”. 
Ci sono esempi anche più paradossali: il caso recente più eclatante è quello degli algoritmi del software di intelligenza artificiale di Google (Gemini), cui era stato chiesto di generare immagini di nazisti e che, essendo stato allenato a non discriminare né sulla base del sesso né sulla base della razza, ha prodotto immagini di SS asiatiche, donne e persino di colore.
L’utilizzo di strumenti tecnologici così potenti richiede di bilanciare con  attenzione le esigenze di sicurezza e la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali, a partire dalla libertà di espressione del pensiero. Per fare questo – oltre a rendere più trasparenti i criteri con cui vengono allenati gli algoritmi per il controllo dei contenuti pubblicati sul web e a garantire il contraddittorio per gli utenti “sanzionati” – deve essere chiaro il discrimine tra ciò che davvero merita un intervento degli apparati di sicurezza, e quel che invece, per quanto discutibile e persino disturbante, va rimesso al giudizio dei fruitori dei contenuti. 
A mio avviso, l’intervento dello Stato, e le stesse piattaforme social, devono limitare l’intervento alle ipotesi più gravi, come la pubblicazione di contenuti:

  • palesemente fake: è il caso, recentissimo, dell’imitazione delle pagine web delle principali testate giornalistiche;
  • che integrano reati (come l’istigazione a compiere condotte criminose, il reclutamento a fini di terrorismo, ecc);
  • effettuata da account falsi oppure da utenti veri, di cui però viene accertato il legame con attori ostili che li utilizzano come proxy per lanciare campagne volte ad inquinare deliberatamente la nostra informazione.

Fuori da questi casi così gravi, il confronto tra opinioni non va compresso, per non correre il rischio che per contrastare minacce ibride reali si realizzino censure orwelliane, fatali per le nostre democrazie.

Il rapporto tra la geopolitica e il digitale, come è emerso anche dagli interventi che mi hanno preceduto, è argomento che richiederà sempre più studio e approfondimento. I temi in cui tale rapporto si declina sono sempre più ampi: penso alla crescente importanza delle criptovalute, centrali nei pagamenti dei riscatti richiesti a seguito di attacchi ransomware o nelle transazioni finanziarie nell’ambito del narcotraffico.
Auspico che le riflessioni di oggi siano un primo contributo, e che l’iniziativa della Fondazione Med-Or e dei suoi partner sia di stimolo per nuovi contributi e nuovi progetti.