Sentenze della Corte europea pronunciate nei confronti dell'Italia, anno 2023

Ricorso:

37301/17 44130/17 57740/17 2524/20 Montalto e altri

Data sentenza:

13/01/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorsi concernevano l'eccessiva durata dei procedimenti civili instaurati dai ricorrenti a livello nazionale e la mancata o ritardata esecuzione delle decisioni nazionali "Pinto".
La Corte, richiamando i principi della sua consolidata giurisprudenza in materia ha ribadito che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze del caso di specie, con riferimento alla complessità della causa, al comportamento del ricorrente e delle autorità competenti e all’importanza della posta in gioco per i ricorrenti nella controversia.
Nei casi di specie, la Corte ha constatato le violazioni lamentate dai ricorrenti e ha condannato lo Stato al pagamento del danno non patrimoniale e delle spese legali, nonché a garantire, con mezzi appropriati, l'esecuzione delle decisioni interne ove ancora pendenti.

Ricorso:

20308/03 Bertagna 

Data sentenza:

13/01/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorsi concernevano l'eccessiva durata dei procedimenti civili instaurati dai ricorrenti a livello nazionale e la mancata o ritardata esecuzione delle decisioni nazionali "Pinto".
La Corte, richiamando i principi della sua consolidata giurisprudenza in materia ha ribadito che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze del caso di specie, con riferimento alla complessità della causa, al comportamento del ricorrente e delle autorità competenti e all’importanza della posta in gioco per i ricorrenti nella controversia.
Nei casi di specie, la Corte ha constatato le violazioni lamentate dai ricorrenti e ha condannato lo Stato al pagamento del danno non patrimoniale e delle spese legali, nonché a garantire, con mezzi appropriati, l'esecuzione delle decisioni interne ove ancora pendenti.

Ricorso:

53419/19 12111/20 Sampieri e Chiapusio

Data sentenza:

13/01/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorsi concernevano l'eccessiva durata dei procedimenti civili instaurati dai ricorrenti a livello nazionale e la mancata o ritardata esecuzione delle decisioni nazionali "Pinto".
La Corte, richiamando i principi della sua consolidata giurisprudenza in materia ha ribadito che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze del caso di specie, con riferimento alla complessità della causa, al comportamento del ricorrente e delle autorità competenti e all’importanza della posta in gioco per i ricorrenti nella controversia.
Nei casi di specie, la Corte ha constatato le violazioni lamentate dai ricorrenti e ha condannato lo Stato al pagamento del danno non patrimoniale e delle spese legali, nonché a garantire, con mezzi appropriati, l'esecuzione delle decisioni interne ove ancora pendenti.

Ricorso:

4592/03 Bertolotti

Data sentenza:

13/01/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorsi concernevano l'eccessiva durata dei procedimenti civili instaurati dai ricorrenti a livello nazionale e la mancata o ritardata esecuzione delle decisioni nazionali "Pinto".
La Corte, richiamando i principi della sua consolidata giurisprudenza in materia ha ribadito che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze del caso di specie, con riferimento alla complessità della causa, al comportamento del ricorrente e delle autorità competenti e all’importanza della posta in gioco per i ricorrenti nella controversia.
Nei casi di specie, la Corte ha constatato le violazioni lamentate dai ricorrenti e ha condannato lo Stato al pagamento del danno non patrimoniale e delle spese legali, nonché a garantire, con mezzi appropriati, l'esecuzione delle decisioni interne ove ancora pendenti.

Ricorso:

19989/19 26377/19 33736/19 39156/19 39163/19 40009/19 60145/19 Annunziata e altri

Data sentenza:

13/01/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorsi concernevano l'eccessiva durata dei procedimenti civili instaurati dai ricorrenti a livello nazionale e la mancata o ritardata esecuzione delle decisioni nazionali "Pinto".
La Corte, richiamando i principi della sua consolidata giurisprudenza in materia ha ribadito che la ragionevolezza della durata del procedimento deve essere valutata alla luce delle circostanze del caso di specie, con riferimento alla complessità della causa, al comportamento del ricorrente e delle autorità competenti e all’importanza della posta in gioco per i ricorrenti nella controversia.
Nei casi di specie, la Corte ha constatato le violazioni lamentate dai ricorrenti e ha condannato lo Stato al pagamento del danno non patrimoniale e delle spese legali, nonché a garantire, con mezzi appropriati, l'esecuzione delle decisioni interne ove ancora pendenti.

Ricorso:

46306/06 24940/07 Compostella e Salamone

Data sentenza:

02/02/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
I ricorsi concernevano l'espropriazione dei terreni dei ricorrenti e la successiva concessione di un'indennità, nonché, con riferimento al solo ricorso n. 46306/06, di un risarcimento per il periodo di occupazione legale, liquidati in forza dei criteri stabiliti dall'articolo 5 bis della legge 8 agosto 1992, n. 359 e ritenuti inadeguati.
La Corte ha rilevato che i ricorrenti sono stati privati dei loro beni conformemente al diritto nazionale e che l'espropriazione perseguiva uno scopo legittimo di interesse generale, ma, come già constatato in casi analoghi, ha ritenuto che per la privazione subita i ricorrenti abbiano ricevuto importi inferiori al valore di mercato degli immobili, sopportando un onere sproporzionato ed eccessivo.
La Corte, pertanto, basandosi sul valore di mercato dei beni al momento dell'espropriazione, ha condannato lo Stato al pagamento dei danni materiali, morali e delle spese legali

Ricorso:

50326/10 Poletti

Data sentenza:

02/02/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
Il ricorso concerneva il tema della determinazione dell’importo della pensione spettante alla ricorrente, che, in base ad una Convenzione italo-svizzera del 1962, aveva trasferito in Italia i contributi versati in Svizzera per gli anni di lavoro ivi svolto. L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) al fine del calcolo della pensione aveva utilizzato un criterio teorico di retribuzione, più sfavorevole per il lavoratore. Ne scaturiva un contenzioso a livello nazionale, pendente il quale entrava in vigore la legge n. 296/2006, il cui articolo 1, comma 777, forniva un'interpretazione autentica del quadro normativo pertinente, confermando le modalità di calcolo utilizzate dall'INPS. In ragione dell'entrata in vigore della citata legge i giudici nazionali respingevano la domanda della ricorrente.
Dinanzi alla Corte la ricorrente ha lamentato che l’entrata in vigore della legge ha violato il suo diritto a un processo equo ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e ha costituito un'interferenza ingiustificata con i suoi beni, contraria all'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
La Corte ha riscontrato le violazioni convenzionali lamentate e ha condannato lo Stato al pagamento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e delle spese legali.

Ricorso:

11061/05 Gallo

Data sentenza:

09/02/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1.
Il ricorso concerneva l'espropriazione indiretta del terreno del ricorrente per fini di pubblica utilità.
Dinanzi alla Corte il ricorrente ha lamentato di non aver potuto ottenere a livello interno alcun risarcimento per l'espropriazione dei suoi beni, perché i giudici nazionali hanno ritenuto intervenuta la prescrizione quinquennale del suo diritto, facendo decorrere il termine iniziale dal completamento dell’opera pubblica.
La Corte, richiamando i principi già enunciati in casi analoghi, ha ribadito che l’istituto dell’espropriazione indiretta è incompatibile con il principio di legalità, e basandosi sul valore di mercato del bene quale individuato nella perizia ordinata dal giudice redatta nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, ha condannato lo Stato al pagamento dei danni materiali, morali e delle spese legali.

Ricorso:

50338/10 Leoni

Data sentenza:

02/03/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
Il ricorso concerneva il tema della determinazione dell’importo della pensione spettante al ricorrente, che, in base ad una Convenzione italo-svizzera del 1962, aveva trasferito in Italia i contributi versati in Svizzera per gli anni di lavoro ivi svolto. L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) al fine del calcolo della pensione aveva utilizzato un criterio teorico di retribuzione, più sfavorevole per il lavoratore. Ne scaturiva un contenzioso a livello nazionale, pendente il quale entrava in vigore la legge n. 296/2006, il cui articolo 1, comma 777, forniva un'interpretazione autentica del quadro normativo pertinente, confermando le modalità di calcolo utilizzate dall'INPS. In ragione dell'entrata in vigore della citata legge i giudici nazionali respingevano la domanda della ricorrente.
Dinanzi alla Corte il ricorrente ha lamentato che l’entrata in vigore della legge ha violato il suo diritto a un processo equo ai sensi dell'articolo 6 § 1 della Convenzione e ha costituito un'interferenza ingiustificata con i suoi beni, contraria all'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
La Corte ha dichiarato irricevibile il ricorso, con riferimento alla lamentata violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, considerando non irragionevole la riduzione subita dal ricorrente, molto inferiore alla metà della sua pensione, e ha riscontrato la violazione dell’articolo 6, condannando lo Stato al pagamento dei danni patrimoniali, non patrimoniali e delle spese legali.

Ricorso:

11557/09 Aprile

Data sentenza:

09/03/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione
Il caso concerneva l’espropriazione indiretta dei terreni di proprietà della ricorrente, occupati in assenza della dichiarazione di pubblica utilità e del decreto di esproprio.
Dinnanzi alla Corte Edu la ricorrente ha lamentato di essere stata illegalmente privata dei sui beni e di non aver ricevuto alcun indennizzo. Infatti la Corte di cassazione, confermando la sentenza d’appello, ha stabilito che il termine quinquennale di prescrizione, che aveva iniziato a decorrere dalla data della modifica irreversibile del terreno, era già compiuto quando la ricorrente ha agito in giudizio per ottenere la restituzione del bene e il risarcimento del danno.
La Corte Edu ha riscontrato la violazione convenzionale, ma non ha riconosciuto l’equa soddisfazione, non avendo la ricorrente presentato alcuna domanda nonostante fosse stata invitata a farlo.

Ricorso:

20148/09 Rigolio

Data sentenza:

09/03/2023

Esito:

Il testo sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Non violazione dell'articolo 6 § 2 della Convenzione.
Il ricorso concerneva la lamentata violazione del principio di presunzione di innocenza, in relazione ad una sentenza pronunciata dalla Corte dei conti contro il ricorrente, ritenuto responsabile di aver provocato un danno all’immagine del Comune di cui era assessore all’urbanistica, accettando tangenti.
Il procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti era stato in precedenza archiviato per prescrizione.
La Corte Edu, dopo aver rilevato che la Corte dei conti ha deciso sulla base di elementi di prova assunti in contraddittorio tra le parti, ha concluso che, nel caso di specie, l'accertamento della responsabilità civile del ricorrente non ha violato il principio della presunzione di innocenza.

Ricorso:

24820/03 Palazzi

Data sentenza:

23/03/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
Il caso concerneva l’espropriazione indiretta dei terreni di proprietà dei ricorrenti, occupati per la realizzazione di opere di interesse pubblico e irreversibilmente trasformati, in assenza di un provvedimento formale di chiusura del procedimento amministrativo.
Dinnanzi alla Corte Edu i ricorrenti hanno lamentato di essere stati illegalmente privati della loro terra e di aver ottenuto un risarcimento insufficiente.
La Corte Edu ha respinto questa parte del ricorso ai sensi dell'articolo 35 § 4, per mancanza di qualità di vittima dei ricorrenti, avendo gli stessi già ottenuto a livello nazionale un importo corrispondente al valore di mercato del terreno al momento della perdita della proprietà.
I ricorrenti, inoltre, hanno lamentato l’eccessiva lunghezza del procedimento civile.
La Corte Edu, rilevato che la causa principale era iniziata il 13 marzo 1995 ed era ancora pendente in primo grado il 4 aprile 2003, quando è intervenuta la decisione della Corte d’appello sul rimedio Pinto, ha riconosciuto il danno morale per la violazione dell'articolo 6 § 1.

Ricorso:

21329/18 J.A.

Data sentenza:

30/03/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione degli articoli 3 e 5 §§ 1, 2, 4 della Convenzione e dell'articolo 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione.
Il ricorso concerneva la detenzione dei ricorrenti, migranti marittimi, nell'hotspot dell'isola di Lampedusa e le modalità del loro respingimento in Tunisia.
Dinanzi alla Corte Edu i ricorrenti hanno lamentato di aver ricevuto informazioni di carattere generale sul loro trattenimento ma di non essere stati in grado di comprenderne appieno il contenuto. Inoltre, hanno sostenuto di non aver potuto interagire con le autorità e di non essersi potuti allontanare legalmente dall’hotspot durante il periodo di permanenza, descrivendo le condizioni materiali del centro di accoglienza come inumane e degradanti. Infine hanno contestato le modalità del rimpatrio.
La Corte ha riscontrato la violazione dell’articolo 3 sotto il profilo sostanziale, in relazione alle condizioni di criticità in cui versava l’hotspot nel periodo cui vi sono stati ospitati i ricorrenti, nonchè la violazione dell’articolo 5 §§ 1 (f), 2 e 4 per l’assenza di una base giuridica chiara per la detenzione e per la mancanza di informazioni sufficienti sui motivi della stessa. Inoltre, la Corte Edu ha ritenuto che il respingimento dei ricorrenti verso la Tunisia non abbia tenuto conto della situazione individuale di ciascuno di essi, pertanto ha condannato lo Stato al pagamento del danno morale e delle spese.

Ricorso:

34363/07 54669/08 Bonacchi e altri 

Data sentenza:

06/04/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
Il ricorso concerneva l'espropriazione dei terreni dei ricorrenti e la concessione di un risarcimento liquidato sulla base dei criteri di cui all'articolo 5 bis, legge 8 agosto 1992, n. 359.
Dinnanzi alla Corte Edu i ricorrenti hanno lamentato di aver ottenuto un risarcimento insufficiente.
La Corte Edu, premesso che i ricorrenti sono stati privati dei loro beni conformemente al diritto nazionale e che le espropriazioni perseguivano uno scopo legittimo nell'interesse generale, ha rilevato che l'indennità di espropriazione concessa dalle autorità nazionali era inadeguata. 
Per il calcolo del danno patrimoniale la Corte Edu si è basata sul valore di mercato dell'immobile al momento dell'espropriazione, così come determinato nelle perizie redatte nel corso del procedimento interno, e ha indicato gli importi da pagare a titolo di danni patrimoniali, non patrimoniali e di spese nella tabella allegata alla sentenza.

Ricorso:

54592/07 22915/09 43955/09 43275/12 Ferrara e altri

Data sentenza:

06/04/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
Il ricorso concerneva l'espropriazione indiretta dei terreni dei ricorrenti e la concessione di un risarcimento liquidato sulla base dei criteri di cui all'articolo 5 bis, legge 8 agosto 1992, n. 359.
Dinanzi alla Corte Edu i ricorrenti hanno lamentato di essere stati illegalmente privati dei loro beni e di aver ottenuto un risarcimento inadeguato.
La Corte ha ribadito che l’espropriazione indiretta costituisce un'ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei beni incompatibile con il principio di legalità e ha constatato che, nei casi di specie, anche i tribunali nazionali hanno già accolto le doglianze dei ricorrenti sul punto.
Quanto al profilo risarcitorio, la Corte Edu ha ricordato che i principi rilevanti per il calcolo del danno patrimoniale nei casi di espropriazione indiretta sono stati esposti nella sentenza sul caso Guiso-Gallisay (§§ 105-07). Conformemente a tali principi, la Corte Edu si è basata sul valore di mercato degli immobili al momento dell'espropriazione, come indicato nelle perizie redatte nel corso dei procedimenti interni e ha riconosciuto ai ricorrenti, a titolo di equa soddisfazione, le somme indicate nella tabella allegata alla sentenza.

Ricorso:

469/08 16108/11 Lerro e altri

Data sentenza:

06/04/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
Il ricorso concerneva l'espropriazione indiretta dei terreni dei ricorrenti.
Dinanzi alla Corte Edu tutti i ricorrenti hanno lamentato di essere stati illegittimamente privati dei loro beni. I ricorrenti nel ricorso n. 469/08 hanno lamentato l'applicazione retroattiva dell'articolo 5 bis del decreto legislativo 11 luglio 1992, n.  333, come modificato dalla legge n. 662 del 1996; il ricorrente del ricorso n. 16108/11 ha lamentato una giurisprudenza contraddittoria relativa al termine di prescrizione.
La Corte Edu ha rilevato che i ricorrenti sono stati effettivamente privati dei loro beni mediante espropriazione indiretta, e che, per quanto riguarda il ricorso n. 16108/11, i giudici nazionali hanno applicato un termine di prescrizione di cinque anni che iniziava a decorrere dalla data di completamento dei lavori pubblici, negando di fatto la possibilità di ottenere un risarcimento danni.
Quanto ai profili risarcitori la Corte Edu ha riconosciuto ai ricorrenti, a titolo di equa soddisfazione, le somme indicate nella tabella allegata alla sentenza.

Ricorso:

37894/04 Crestacci

Data sentenza:

06/04/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione.
La causa concerneva l'espropriazione dei terreni del ricorrente e la successiva concessione di un risarcimento determinato secondo i criteri stabiliti dall'articolo 5 bis della legge n. 359/1992 per i terreni non edificabili, in base al valore agricolo medio del terreno.
Dinanzi alla Corte Edu il ricorrente ha lamentato di aver subito un'ingerenza sproporzionata nel suo diritto di proprietà a causa dell'importo inadeguato del risarcimento.
La Corte Edu ha rilevato che il ricorrente è stato privato dei suoi beni conformemente al diritto nazionale e che l'espropriazione perseguiva uno scopo legittimo nell'interesse generale, ma ha riscontrato la violazione convenzionale perchè le autorità nazionali, nel determinare il risarcimento spettante per la perdita di proprietà, non hanno effettuato una stima del valore di mercato del terreno, tenendo conto delle caratteristiche specifiche del bene.
La Corte Edu, ha richiamato i principi rilevanti per il calcolo del danno patrimoniale esposti nelle sentenze sul caso Scordino (n. 1) ([GC], n. 36813/97, § 258, CEDU 2006-V) e Preite (citato, §§ 68-72), e, tenuto conto dei calcoli forniti dal ricorrente e delle obiezioni del Governo, dopo aver dedotto quanto già concesso a livello nazionale, ha riconosciuto, in via equitativa, l’importo di 150.000 euro a titolo di danno patrimoniale.

Ricorso:

23668/05 Barone

Data sentenza:

01/06/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, in materia di espropriazione indiretta dei terreni dei ricorrenti e la concessione di un risarcimento liquidato sulla base dei criteri di cui all'articolo 5 bis, legge 8 agosto 1992, n. 359.
La Corte ha ribadito che l’espropriazione indiretta costituisce un'ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei beni incompatibile con il principio di legalità e ha ricordato che i principi rilevanti per il calcolo del danno patrimoniale sono stati esposti nella sentenza sul caso Guiso-Gallisay (§§ 105-07). Conformemente a tali principi, al fine di determinare l’equa soddisfazione, la Corte Edu si è basata sul valore di mercato degli immobili al momento dell'espropriazione, come indicato nelle perizie redatte nel corso dei procedimenti interni. La Corte ha respinto, in quanto manifestamente infondate ai sensi dell'articolo 35 §§ 3 (a) e 4 della Convenzione, le altre richieste delle parti.

Ricorso:

14696/10 Quaglia e altri

Data sentenza:

06/06/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, in materia di espropriazione indiretta dei terreni dei ricorrenti e la concessione di un risarcimento liquidato sulla base dei criteri di cui all'articolo 5 bis, legge 8 agosto 1992, n. 359. La Corte ha ribadito che l’espropriazione indiretta costituisce un'ingerenza nel diritto al pacifico godimento dei beni incompatibile con il principio di legalità e ha ricordato che i principi rilevanti per il calcolo del danno patrimoniale sono stati esposti nella sentenza sul caso Guiso-Gallisay (§§ 105-07). Conformemente a tali principi, al fine di determinare l’equa soddisfazione, la Corte Edu si è basata sul valore di mercato degli immobili al momento dell'espropriazione, come indicato nelle perizie redatte nel corso dei procedimenti interni. La Corte, deliberando in via equitativa, ha accordato un risarcimento del danno patrimoniale pari a 392.000 euro per la perdita del bene e a 7.000 euro per la perdita di opportunità. Ha rigettato la richiesta di equa soddisfazione nel resto.

Ricorso:

46530/09 Urgesi e altri

Data sentenza:

06/06/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
Il ricorso concerneva la violazione del diritto a un giusto processo, in relazione al procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali a carico dei ricorrenti.
In particolare,  i ricorrenti  lamentavano 1) la mancanza di pubblicità delle udienze, svoltesi con rito camerale in udienza non pubblica; 2) la mancanza di imparzialità del collegio giudicante, per averne fatto parte anche il giudice che aveva già assunto le funzioni di P.M. nel processo penale conclusosi con la condanna dei ricorrenti per vari titoli di reato, connessi all’attività criminale di un'associazione a delinquere operante in Puglia.
A seguito di dichiarazione unilaterale con la quale il Governo ha riconosciuto la violazione convenzionale, la Corte ha radiato dal ruolo la parte del ricorso sub 1), relativa alla mancanza di pubblicità delle udienze.
Quanto alla parte del ricorso sub 2) la Corte ha ritenuto che le questioni sottoposte all'esame del giudice nei due procedimenti contro i ricorrenti, quello penale e quello per l’applicazione delle misure di prevenzione, fossero sostanzialmente identiche o, quantomeno, strettamente connesse nei confronti di tutti i ricorrenti e ha concluso che il collegio giudicante, che si è pronunciato sull'applicazione di misure preventive ai ricorrenti, non era un giudice imparziale. Pertanto, ha condannato lo Stato al pagamento dei danni non patrimoniali.

Ricorso:

44764/16 Roccella

Data sentenza:

15/06/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
NON violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione.
Il ricorso concerneva la presunta violazione del diritto ad un giusto processo sotto il profilo della reformatio in pejus, in appello, della sentenza assolutoria di primo grado.
In particolare, il giudice di pace aveva assolto il ricorrente dal reato di ingiuria nei confronti di M., in quanto le prove raccolte non erano state ritenute tali da provare al di là di ogni ragionevole dubbio la sua responsabilità penale.
In sede d’appello il Tribunale di Genova accoglieva il ricorso della persona offesa, costituitasi parte civile, senza rinnovare il dibattimento, condannando il ricorrente al risarcimento del danno, da liquidarsi in separato giudizio civile.
La Corte Edu ha ricordato che il rapporto tra procedimento civile e penale, nel sistema interno, si basa sui principi dell'autonomia. Sulla base di tale premessa la Corte Edu ha ritenuto, in conformità con la sua giurispridenza, secondo la quale gli Stati contraenti dispongono di un margine di discrezionalità maggiore nel settore del contenzioso civile rispetto a quello penale, che l'equità del procedimento in questione nel suo complesso non sia stata pregiudicata.

Ricorso:

10794/12 Giuliano Germano

Data sentenza:

22/06/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 8 della Convenzione.
Il ricorso concerneva la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, in relazione al provvedimento di ammonimento emesso, ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 23 febbraio 2009 (convertito nella Legge 23 aprile 2009 n. 38), dal Questore di Savona, su richiesta della moglie del ricorrente, la quale aveva denunciato atti persecutori nei suoi confronti in occasione della separazione giudiziale della coppia e dell’affidamento della figlia.
L'ammonimento imponeva al ricorrente l'obbligo di attenersi alla legge ed evitare il ripetersi di comportamenti del tipo che avevano dato luogo all'adozione della misura.
Le questioni poste alla Corte concernevano il rispetto delle garanzie partecipative di cui all’art. 7 L. 241/90, a tutela degli interessi di difesa del ricorrente nel corso del procedimento interno che ha condotto all'imposizione della suddetta misura; l’adeguatezza della motivazione del provvedimento, in merito alle particolari ragioni di urgenza che potevano aver giustificato il mancato rispetto del contraddittorio; l’adeguatezza del controllo giurisdizionale sulla misura.
La Corte ha ritenuto che il ricorrente era stato escluso dal processo decisionale in assenza di dimostrati motivi di urgenza e che le autorità nazionali non avevano fornito motivi pertinenti e sufficienti che giustificassero la misura. Pertanto, ha condannato lo Stato al pagamento dei danni morali e delle spese.

Ricorso:

49058/20 Ben Amamou

Data sentenza:

29/06/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione (diritto a un equo processo). I fatti oggetto del ricorso riguardano un sinistro stradale causato da un veicolo non identificato, ai sensi dell'articolo 141 del Decreto Legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private - CdA) e la richiesta di ottenere dalla compagnia di assicurazione del veicolo su cui era trasportato, come passeggero al momento del sinistro, il risarcimento delle gravi lesioni personali riportate. Il ricorrente lamentava che la Corte di cassazione si è basata su un motivo sollevato d'ufficio, non sottoposto a un dibattito in contraddittorio tra le parti, che lo ha privato del suo diritto di difesa. La Corte Edu, constatata la violazione dell’art.6 § 1 della Convenzione, ha ritenuto che sia stata assunta da parte della Corte di cassazione, nei riguardi del ricorrente, una “decisione a sorpresa”, fondata su ragioni nuove, non sottoposte al previo contraddittorio tra le parti. Non vi è stata condanna dello Stato al pagamento dell’equa soddisfazione a favore del ricorrente, non avendo quest’ultimo formulato alcuna richiesta in proposito.

Ricorso:

46412/21 Calvi e G.C.

Data sentenza:

06/07/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 8 della Convenzione. Il ricorso riguarda l’applicazione della misura dell’amministrazione di sostegno nei confronti del c.d. secondo ricorrente C.G. e l’isolamento sociale dal mondo esterno per tre anni che è derivato dal suo ricovero, dal 30 ottobre 2020, in una residenza sanitaria assistenziale («RSA»). Nello specifico, il sig. Calvi («il primo ricorrente») lamentava la violazione del suo diritto alla vita privata, per l'impossibilità di stabilire contatti con il cugino C. G. («il secondo ricorrente») e contestava le decisioni del giudice tutelare. Il secondo ricorrente lamentava di essere stato collocato in una residenza sanitaria assistenziale dal 2020 e contestava l'impossibilità in cui si trovava, da un lato, di ritornare al proprio domicilio e, dall'altro, di ricevere delle visite nell'istituto in cui risiedeva, senza il consenso dell'amministratore di sostegno e del giudice tutelare. La Corte ha concluso che, anche se l'ingerenza perseguiva lo scopo legittimo di proteggere il benessere, in senso ampio, del secondo ricorrente, essa non era tuttavia, in riferimento alla gamma delle misure che le autorità potevano adottare, né proporzionata, né adeguata alla sua situazione individuale. Ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione la Corte non ha accordato un’equa soddisfazione alla parte lesa, in quanto non richiesta dal ricorrente.

Ricorso:

41591/07 Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Capua e altri

Data sentenza:

13/07/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Condanna all’equa soddisfazione. La causa ha origine da tre ricorsi aventi per oggetto l'equa soddisfazione, ai sensi dell'articolo 41 della Convenzione, del danno materiale e morale che i ricorrenti ritengono di aver subito, nonché il rimborso dei costi e delle spese sostenuti dinanzi alla Corte. In particolare, la sentenza in esame segue la sentenza di merito emessa dalla Corte Edu in materia di confisca per lottizzazione abusiva subita dai ricorrenti, nella quale la Grande Camera ha concluso: che, come nelle sentenze Sud Fondi Srl e altre e Varvara, vi è stata violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, ritenendo che la confisca dei terreni e degli edifici dei ricorrenti fosse stata sproporzionata e avesse costituito un'ingerenza nel godimento del loro diritto al rispetto della proprietà protetta dall'articolo 1 del Protocollo n. 1; che vi è stata la violazione dell'articolo 7 della Convenzione nei confronti delle società ricorrenti, tenuto conto che la misura di confisca è stata applicata a persone giuridiche non parti nel procedimento; che a tutti i ricorrenti sono stati confiscati i beni, nonostante nessuno di loro avesse avuto una condanna formale.
Per quanto riguarda il danno materiale subito dai ricorrenti, essendo già stati restituiti alle parti i terreni e i fabbricati contestati, la Corte ha esaminato le richieste di risarcimento soltanto per quanto riguarda: l’indisponibilità del terreno; il degrado degli edifici costruiti; la perdita di valore del bene prima della restituzione.
Ha, conseguentemente, condannato l’Italia a versare alle società ricorrenti le somme partitamente indicate nel dispositivo della sentenza a titolo di danno materiale per l’indisponibilità dei beni, per il danno morale subito e per costi e spese.
 

Ricorso:

35538/16 Ortofrutticola società cooperativa 

Data sentenza:

13/07/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 6 § 1 della Convenzione. La causa riguarda il presunto intervento legislativo in un procedimento in corso, causato dall'adozione della legge n. 326 del 2003, la quale stabiliva espressamente che i vantaggi e le esenzioni dai contributi previdenziali versati per i propri dipendenti, di cui beneficiavano le imprese agricole, non erano cumulativi, ma alternativi. Il diritto e la prassi nazionali pertinenti, nonché i principi generali applicabili, sono stati riassunti nella sentenza Azienda Agricola Silverfunghi S.a.s. e altri c. Italia (n. 48357/07 e altri 3). La Corte ha affermato che, benché il fine della legge possa essere stato legittimo e meritevole di un intervento volto a disciplinare la futura fornitura dei suddetti benefici, non è stata in grado di individuare alcun motivo imperativo di interesse generale in grado di superare i pericoli inerenti all’uso di una legislazione retroattiva che ha avuto l’effetto di influenzare la determinazione giudiziaria di una controversia pendente in cui lo Stato era parte. Secondo la Corte, la legge ha avuto l’effetto di modificare in maniera definitiva il risultato della lite pendente, appoggiando la posizione dello Stato a scapito delle società ricorrenti. Ha, conseguentemente, condannato al pagamento di 144. 380 euro a titolo di danno materiale e 900 euro a titolo di danno morale, oltre costi e spese.

Ricorso:

71304/16 Shala

Data sentenza:

31/08/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 6 §§ 1 e 3 della Convenzione. Il ricorrente lamentava di essere stato condannato in contumacia senza aver avuto una reale ed effettiva opportunità di presentare la sua difesa dinanzi ai tribunali italiani. Lamentava, in particolare, di non essere stato ascoltato personalmente, di non avere avuto il diritto di contestare la giurisdizione territoriale e di essere stato processato con il rito abbreviato. La Corte ha rinviato alle sentenze sui casi Sejdovic c. Italia, n. 56581/00 e Huzuneanu v. Italy, n. 36043/08, per una sintesi dei principi rilevanti applicabili nel caso di specie. La Corte ha affermato che il ricorrente non ha avuto la possibilità di riaprire il procedimento ab initio, ma solo di impugnare la sentenza di primo grado, con tutte le limitazioni inerenti al procedimento di appello, concludendo che l'equità complessiva del procedimento è stata viziata e che il ricorrente non ha ottenuto una nuova, effettiva determinazione della fondatezza delle accuse contro di lui, in violazione di quanto prescritto dall'articolo 6. Ha, conseguentemente, condannato lo Stato al pagamento di 7.000 euro per spese e ha respinto la richiesta di equa soddisfazione.

Ricorso:

70583/17 M.A. 

Data sentenza:

31/08/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 3 della Convenzione. La ricorrente, una minore migrante non accompagnata, lamentava di essere stata vittima di abusi sessuali, nel centro di accoglienza per adulti Osvaldo Cappelletti di Como per quasi otto mesi e la presunta mancata attuazione delle garanzie procedurali previste per i migranti minori. La Corte ha rilevato che la ricorrente è rimasta in un centro per adulti per un periodo considerevole, non beneficiando quindi dell’alloggio e dell’assistenza richiesti dalla sua situazione vulnerabile. Ha concluso che la permanenza in un centro apparentemente non attrezzato a fornire alla ricorrente un'assistenza psicologica adeguata, unitamente alla prolungata inerzia delle autorità nazionali riguardo alla sua situazione e ai suoi bisogni di minore particolarmente vulnerabile, costituisce una violazione del suo diritto a non essere sottoposto a trattamenti inumani, tutelato dall'articolo 3 della Convenzione. Di qui la condanna dello Stato italiano a 6.000 euro a titolo di danni morali più spese.

Ricorso:

47196/21 C.

Data sentenza:

31/08/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 8 della Convenzione. La causa riguarda il rifiuto delle autorità italiane di riconoscere la filiazione stabilita da un atto di nascita ucraino tra la bambina C., nata all'estero tramite maternità surrogata (“GPA”), il suo padre biologico e la sua futura madre. La Corte ha ricordato che il processo decisionale deve essere sufficientemente focalizzato sull'interesse superiore del bambino e libero da eccessivi formalismi e da eventuali vizi procedurali e che i tribunali nazionali devono indicare le possibili soluzioni alternative. Su questo punto, con riferimento al padre biologico, secondo la Corte ha ribadito che vi è stata violazione dell’articolo 8 della Convenzione. La Corte, invece, non ha riscontrato la violazione dell‘articolo 8 con riferimento alla futura madre, in quanto, sebbene la legge italiana non consenta la trascrizione dell'atto di nascita nei suoi confronti, tuttavia garantisce a quest'ultima la possibilità di riconoscere legalmente il bambino mediante l'adozione. La Corte condanna lo Stato italiano al pagamento di 15.000 euro per danno morale e 9.536 euro per spese, respingendo la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Ricorso:

2264/12 Ainis e altri

Data sentenza:

14/09/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 2 della Convenzione. La causa riguarda la morte per overdose del parente dei ricorrenti, CC, mentre era in custodia presso la Questura di Milano. I ricorrenti lamentavano che le autorità non avevano adottato misure adeguate per proteggere la vita del loro familiare. La Corte, tenuto conto del fatto che CC non aveva ricevuto alcuna assistenza medica e la sua persona non era stata controllata al suo arrivo presso la questura di Milano, ha rilevato che le autorità avrebbero dovuto mostrare maggiore vigilanza nella sua supervisione. Inoltre, pur ritenendo che sarebbe stato eccessivo richiedere che tutte le persone arrestate fossero sottoposte a perquisizioni personali, come precauzione elementare (si veda, mutatis mutandis, Van der Ven c. Paesi Bassi, n. 50901/99, dove le perquisizioni di lunga durata, senza giustificazione convincente hanno determinato una violazione dell'articolo 3 della Convenzione), al tempo stesso, la Corte ha osservato che le autorità nazionali non potevano essere dispensate dal compiere qualsiasi iniziativa per accertare la presenza, nella persona di CC, di oggetti pericolosi o proibiti, tra cui sostanze stupefacenti. Ha, dunque, condannato lo Stato a pagare ai ricorrenti, in solido 30.000 euro, a titolo di danno morale e 10.000 euro, per costi e spese; per il resto, ha respinto la domanda di equa soddisfazione della ricorrente.

Ricorso:

44646/17 Diakitè

Data sentenza:

14/09/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 8 della Convenzione. La causa riguarda le condizioni materiali di soggiorno del ricorrente, migrante minorenne, presso il centro di accoglienza per adulti della Croce Rossa di Roma, in via Ramazzini, nonché la mancata applicazione, nel suo caso, delle garanzie procedurali previste per i migranti minori. Il ricorrente lamentava una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata a causa del mancato riconoscimento da parte delle autorità competenti del suo status di minore non accompagnato e della mancata tempestiva nomina di un tutore legale. I principi generali relativi alle garanzie procedurali applicabili ai migranti minorenni sono stati riassunti nella sentenza Darboe e Camara c. Italia (n. 5797/17). La Corte, nel riconoscere la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, ha condannato lo Stato italiano al pagamento di euro 5.000 a titolo di danno morale e di 4.000 euro, a titolo di costi e spese; per il resto, ha respinto la domanda di equa soddisfazione della ricorrente.

Ricorso:

35648/10 Locascia e a. c. Italia

Data sentenza:

19/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 8 della Convenzione, sia per quanto riguarda la gestione della raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti e servizi nel periodo dall'11 febbraio 1994 al 31 dicembre 2009, sia, nel merito, per quanto riguarda l'incapacità da parte delle autorità italiane di adottare le misure necessarie per tutelare il diritto alla vita privata dei ricorrenti in relazione all'inquinamento ambientale causato dalla discarica “Lo Uttaro”. Non ha riscontrato, invece, la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, per quanto riguarda la gestione dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti nel periodo dal 1° gennaio 2010 e sotto il profilo procedurale, per quanto riguarda l'asserita mancata informazione dei ricorrenti da parte delle autorità italiane circa l'inquinamento ambientale causato dalla discarica “Lo Uttaro”. La Corte, per le violazioni riscontrate, ha condannato lo Stato a pagare in favore dei ricorrenti, in solido, 5.000 euro a titolo di costi e spese, ma ha ritenuto che la constatazione di una violazione costituisca di per sé sufficiente equa soddisfazione per l’eventuale danno morale subito dai ricorrenti.

Ricorso:

13110/18 M.A. c. Italy

Data sentenza:

19/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione. Le sentenze, pronunciate su ricorsi azionati nel 2018/20, hanno per oggetto il fermo dei ricorrenti nell'hotspot sull'isola di Lampedusa. I ricorrenti lamentavano le pessime condizioni materiali del soggiorno durante la loro permanenza nel centro, la privazione della loro libertà personale, in assenza di qualsiasi base giuridica chiara e accessibile, nonché l’impossibilità di contestare la legittimità di tale privazione. Nella motivazione delle sentenze, la Corte si è riportata alle argomentazioni rese nell’analogo caso J.A. e altri c. Italia (n. 21329/18 del 30 giugno 2023). In particolare, la Corte ha fatto riferimento al rapporto 2020 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà nel quale erano descritte le pessime condizioni presenti nell'hotspot di Lampedusa. Nella sua relazione, il Garante aveva espresso rammarico per il fatto che, sebbene le persone che soggiornavano nell'hotspot avrebbero dovuto rimanervi solo per il tempo necessario per identificarle, di solito trascorrevano diversi giorni o settimane presso il centro (cfr. J.A. e a. (ibid.) § 53). Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha concluso che i ricorrenti sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti durante il loro soggiorno nell'hotspot di Lampedusa, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione. Inoltre, tenendo presente che i ricorrenti erano stati trattenuti nell'hotspot di Lampedusa per più di due mesi senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di un provvedimento motivato che ne ordinasse il trattenimento, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti siano stati arbitrariamente privati della libertà, in violazione della prima parte dell'articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione. Constatata la violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione, la Corte ha condannato lo Stato italiano a versare in favore di ciascuno dei ricorrenti 5.000 euro, a titolo di danno morale e 4.000 euro, a titolo di costi e spese.

Ricorso:

13755/18 A.B c. Italy

Data sentenza:

19/10/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione. Le sentenze, pronunciate su ricorsi azionati nel 2018/20, hanno per oggetto il fermo dei ricorrenti nell'hotspot sull'isola di Lampedusa. I ricorrenti lamentavano le pessime condizioni materiali del soggiorno durante la loro permanenza nel centro, la privazione della loro libertà personale, in assenza di qualsiasi base giuridica chiara e accessibile, nonché l’impossibilità di contestare la legittimità di tale privazione. Nella motivazione delle sentenze, la Corte si è riportata alle argomentazioni rese nell’analogo caso J.A. e altri c. Italia (n. 21329/18 del 30 giugno 2023). In particolare, la Corte ha fatto riferimento al rapporto 2020 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà nel quale erano descritte le pessime condizioni presenti nell'hotspot di Lampedusa. Nella sua relazione, il Garante aveva espresso rammarico per il fatto che, sebbene le persone che soggiornavano nell'hotspot avrebbero dovuto rimanervi solo per il tempo necessario per identificarle, di solito trascorrevano diversi giorni o settimane presso il centro (cfr. J.A. e a. (ibid.) § 53). Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha concluso che i ricorrenti sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti durante il loro soggiorno nell'hotspot di Lampedusa, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione. Inoltre, tenendo presente che i ricorrenti erano stati trattenuti nell'hotspot di Lampedusa per più di due mesi senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di un provvedimento motivato che ne ordinasse il trattenimento, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti siano stati arbitrariamente privati della libertà, in violazione della prima parte dell'articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione. Constatata la violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione, la Corte ha condannato lo Stato italiano a versare in favore di ciascuno dei ricorrenti 5.000 euro, a titolo di danno morale e 4.000 euro, a titolo di costi e spese.

Ricorso:

20860/20 A.S. c. Italy

Data sentenza:

19/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione. Le sentenze, pronunciate su ricorsi azionati nel 2018/20, hanno per oggetto il fermo dei ricorrenti nell'hotspot sull'isola di Lampedusa. I ricorrenti lamentavano le pessime condizioni materiali del soggiorno durante la loro permanenza nel centro, la privazione della loro libertà personale, in assenza di qualsiasi base giuridica chiara e accessibile, nonché l’impossibilità di contestare la legittimità di tale privazione. Nella motivazione delle sentenze, la Corte si è riportata alle argomentazioni rese nell’analogo caso J.A. e altri c. Italia (n. 21329/18 del 30 giugno 2023). In particolare, la Corte ha fatto riferimento al rapporto 2020 del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà nel quale erano descritte le pessime condizioni presenti nell'hotspot di Lampedusa. Nella sua relazione, il Garante aveva espresso rammarico per il fatto che, sebbene le persone che soggiornavano nell'hotspot avrebbero dovuto rimanervi solo per il tempo necessario per identificarle, di solito trascorrevano diversi giorni o settimane presso il centro (cfr. J.A. e a. (ibid.) § 53). Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha concluso che i ricorrenti sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti durante il loro soggiorno nell'hotspot di Lampedusa, in violazione dell'articolo 3 della Convenzione. Inoltre, tenendo presente che i ricorrenti erano stati trattenuti nell'hotspot di Lampedusa per più di due mesi senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di un provvedimento motivato che ne ordinasse il trattenimento, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti siano stati arbitrariamente privati della libertà, in violazione della prima parte dell'articolo 5 §§ 1, 2 e 4 della Convenzione. Constatata la violazione degli articoli 3 e 5 della Convenzione, la Corte ha condannato lo Stato italiano a versare in favore di ciascuno dei ricorrenti 5.000 euro, a titolo di danno morale e 4.000 euro, a titolo di costi e spese.

Ricorso:

48280/21 LANDINI
 

Data sentenza:

12/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 8 della Convenzione
Il ricorso riguarda l'impossibilità per il ricorrente, cittadino italiano residente in Australia dal maggio 2019, di esercitare il proprio diritto alla co-genitorialità.  
La Corte Edu, ai fini del decidere, ha richiamato i principi generali applicabili al caso concreto, ben consolidati nella propria giurisprudenza, ampiamente esposti nelle sentenze Penchevi c. Bulgaria n. , Terna c. Italia, n. 21052/18, R.B. e M. c. Italia, n.41382/19 e Improta c. Italie n.66396/14.
Ha rilevato che l’autorità nazionale aveva autorizzato il minore, dopo cinque anni dal trasferimento del ricorrente in Australia, a recarsi dal proprio genitore.  
Pertanto, la Corte ha ritenuto che il limitato accesso del ricorrente al figlio aveva avuto un impatto sulla sua vita familiare e che i tribunali nazionali non avessero fatto tutto ciò che ci si poteva aspettare per tutelare il legittimo interesse del ricorrente e l’interesse superiore del minore a mantenere un legame genitore-figlio. 
Constatata la violazione dell’articolo 8 della Convenzione, la Corte ha condannato lo Stato italiano al pagamento di somme a titolo di danni materiali e danni morali, nonchè al rimborso di costi e spese.

Ricorso:

18216/15 PREVIDI

Data sentenza:

12/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione
Il caso riguarda la privazione del terreno del ricorrente attraverso l'applicazione da parte dei tribunali nazionali della regola dell'esproprio costruttivo (accessione invertita o occupazione acquisitiva).  
La Corte Edu ha osservato che l’autorità nazionale aveva ridotto il valore di mercato stimato dai periti d'ufficio fornendo una motivazione specifica e non manifestamente arbitraria, per cui ha ritenuto sufficiente il risarcimento ottenuto dal ricorrente per l’espropriazione illegittima.
Tuttavia, poiché il ricorrente si doleva anche di non essere stato adeguatamente risarcito per il danno causato dall'indisponibilità del terreno durante il periodo di legittima occupazione, nel periodo dall'inizio dell'occupazione legale fino alla data della perdita della proprietà, la Corte, rilevando che i giudici nazionali non avevano concesso alcuna somma a questo riguardo, ha statuito che il ricorrente avesse diritto a ricevere un risarcimento per la perdita di opportunità subita in detto periodo (vedi Guiso- Gallisay, n. 58858/00, § 107). 
Pertanto, per la violazione riscontrata, ha condannato lo Stato italiano a somme a titolo di danno patrimoniale, danno morale e spese.

Ricorso:

9112/2010 AUTRU RYOLO

Data sentenza:

12/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione
La causa riguarda l'esproprio dei terreni dei ricorrenti e la concessione di un risarcimento basato sul “valore agricolo medio” dei terreni.
La Corte ha già ritenuto che la concessione di un indennizzo basato sul valore agricolo medio non presenta alcun rapporto ragionevole con il valore di mercato del terreno, poiché non tiene conto delle sue reali caratteristiche.  Inoltre, ha ritenuto che l’indennità per il periodo di legittima occupazione debba essere calcolata sulla base del valore di mercato del terreno (si veda Luigi Serino c. Italia, n. 21978/02, §§ 37- 39, 12 ottobre 2010). Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ha ritenuto di non doversi discostare dalla sua precedente giurisprudenza (causa Preite,§§ 18-29 e 42-53, 17 novembre 2015) per una sintesi del diritto e della prassi nazionale pertinenti, nonché per i principi generali applicabili nel caso di specie.   
Constatata la violazione, la Corte ha condannato lo Stato a versare ai ricorrenti le somme indicate nel dispositivo della sentenza.
 

Ricorso:

 35648/10 LOCASCIA e altri

Data sentenza:

19/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 8 della Convenzione, sia per quanto riguarda la gestione della raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti e servizi nel periodo dal 1994 al 2009, sia, nel merito, per quanto riguarda l'incapacità da parte delle autorità italiane di adottare le misure necessarie per tutelare il diritto alla vita privata dei ricorrenti in relazione all'inquinamento ambientale causato dalla discarica “Lo Uttaro”. Non ha riscontrato, invece, la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, per quanto riguarda la gestione dei servizi di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti nel periodo dal 2010 e sotto il profilo procedurale, per quanto riguarda l'asserita mancata informazione dei ricorrenti da parte delle autorità italiane circa l'inquinamento ambientale causato dalla discarica “Lo Uttaro”.
La Corte, per le violazioni riscontrate, ha condannato lo Stato a pagare in favore dei ricorrenti, in solido, una somma  a titolo di costi e spese, ma ha ritenuto che la constatazione della violazione costituisse di per sé sufficiente equa soddisfazione per l’eventuale danno morale subito dai ricorrenti. 

Ricorso:

48618/22 A.S. e M.S.

Data sentenza:

19/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 8 della Convenzione
Il ricorrente A.S., in proprio e per conto del figlio minore M.S., si duole dell’ingiusta privazione del rapporto padre-figlio, a causa della mancata adozione da parte delle autorità nazionali delle misure necessarie e appropriate che potevano essere ragionevolmente loro richieste per preservare il legame che univa padre e figlio, nonché per facilitare l’esercizio del diritto di visita, come previsto dalle decisioni dei tribunali nazionali. 
Per quanto riguarda il minore M.S., il ricorso sollevava anche la questione dell’adempimento da parte delle autorità nazionali degli obblighi positivi di protezione della sua integrità psicologica, minacciata dalla conflittualità tra i genitori e dalla manipolazione psichica esercitata dalla madre nei confronti del minore. 
La Corte, nel caso di specie, ha rilevato che le autorità nazionali non avevano diligentemente adempiuto gli obblighi positivi discendenti dall’articolo 8 della Convenzione e, segnatamente, avevano omesso per vari anni di adottare, rapidamente, le misure adeguate che ci si poteva ragionevolmente attendere dalle stesse ai fini della protezione dell’interesse legittimo,  da entrambi i ricorrenti, a mantenere un legame tra loro e, per il secondo ricorrente, a essere allontanato da un ambiente che gli causava una grave sofferenza psicologica. 
Constatata la violazione, ha condannato lo Stato a un’equa soddisfazione a titolo di danno morale, oltre al rimborso di costi e spese. 

Ricorso:

2731/2014 LA SPADA

Data sentenza:

26/10/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 1 del Protocollo n.1 alla Convenzione riguardo all'espropriazione e dell'articolo 6 della Convenzione riguardo alla non-esecuzione della decisione nazionale.
La causa riguarda la privazione del terreno del ricorrente attraverso l'applicazione da parte dei tribunali nazionali della regola dell'esproprio costruttivo (accessione invertita o occupazione acquisitiva), nonché la mancata esecuzione delle decisioni dei tribunali nazionali rese al riguardo.
La Corte ha rilevato che il ricorrente è stato privato dei suoi beni mediante espropriazione indiretta o “costruttiva”, con un’ingerenza nel diritto al rispetto dei beni che la Corte ha considerato, come in un gran numero di casi precedenti, incompatibile con il principio di legittimità, con conseguente constatazione di violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 (v., tra molte altre, Carbonara e Ventura c. Italia , n. 24638/94, §§ 63-73, CEDU 2000-VI e, più recente, Messana c. Italia, n. 26128/04, §§ 38-43, 9 febbraio 2017).  
Quanto al merito della doglianza, la Corte ha rilevato che, secondo la decisione della Corte d'appello di Messina, il ricorrente aveva diritto a ricevere importi specifici a titolo di risarcimento dei danni, costi e spese e che, dalle informazioni presentate alla Corte, il Comune di Milazzo non aveva rimborsato il proprio debito. Nelle principali cause De Luca c. Italia (n. 43870/04, 24 settembre 2013), Pennino c. Italia (n. 43892/04, 24 settembre 2013) e Ventorino n. 357/07, 17 maggio 2011, §§ 24-31), la Corte ha già riscontrato una violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 e dell'articolo 6 della Convenzione per quanto riguarda la non esecuzione delle decisioni nazionali rispetto a questioni simili. 
Conseguentemente, la Corte ha condannato lo Stato italiano al risarcimento dei danni morali e materiali subiti dal ricorrente, nonché al  rimborso di costi e spese.

Ricorso:

17378/20 RIELA

Data sentenza:

09/11/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 3 della Convenzione
Il ricorrente stava scontando una condanna all'ergastolo per appartenenza ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso, omicidio e possesso illegale di armi e soffre di diverse malattie.
La Corte ha ritenuto che il ricorrente non abbia ricevuto cure mediche tempestive e adeguate durante la detenzione, tenendo conto della durata dei ritardi e del fatto che essi riguardavano il trattamento di malattie che, sebbene non mortali, erano tuttavia numerose e di una certa gravità. Pertanto, rilevata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione, la Corte ha concesso al ricorrente somme a titolo di danno morale e per le spese. 

Ricorso:

17378/20 RIELA

Data sentenza:

09/11/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell'articolo 3 della Convenzione
Il ricorrente stava scontando una condanna all'ergastolo per appartenenza ad un'organizzazione criminale di tipo mafioso, omicidio e possesso illegale di armi e soffre di diverse malattie.
La Corte ha ritenuto che il ricorrente non abbia ricevuto cure mediche tempestive e adeguate durante la detenzione, tenendo conto della durata dei ritardi e del fatto che essi riguardavano il trattamento di malattie che, sebbene non mortali, erano tuttavia numerose e di una certa gravità. Pertanto, rilevata la violazione dell’articolo 3 della Convenzione, la Corte ha concesso al ricorrente somme a titolo di danno morale e per le spese. 

Ricorso:

5170/21 BELLOTTO e altri 
 

Data sentenza:

16/11/2023

Esito:

La traduzione della sentenza sul sito del Ministero della Giustizia
Violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, nessuna violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione
I ricorrenti lamentavano, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione, che l'applicazione retroattiva dell'articolo 1, comma 218, della legge n. 266/2005 del 23 dicembre 2005, ai procedimenti pendenti avesse violato il loro diritto a un processo equo e che, ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, tale disposizione li avesse privati dei loro beni, in quanto aveva risolto la controversia tra loro e le autorità amministrative con effetto definitivo.
Per quanto riguarda l'articolo 6 § 1 della Convenzione, la Corte ha constatato che, nelle circostanze del caso di specie, l'articolo 1 della legge n. 266/2005 aveva risolto, nel merito, la controversia tra i ricorrenti e lo Stato dinanzi ai tribunali nazionali con effetto retroattivo definitivo e che l'intervento del legislatore non era giustificato da alcun motivo imperativo di interesse generale. 
Riguardo all'articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, la Corte ha osservato che l‘applicazione retroattiva del citato articolo 1, non aveva pregiudicato il diritto dei ricorrenti al rispetto dei beni e non aveva turbato il giusto equilibrio tra le esigenze dell'interesse pubblico e la tutela dei diritti fondamentali individuali.
La Corte ha, dunque, ritenuto che non vi sia stata alcuna violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1, ma, constatata la violazione dell’articolo 6 della Convenzione, ha considerato che l'accertamento della violazione costituisse, di per sé, sufficiente giusta soddisfazione per il danno morale subito dai ricorrenti, concedendo una somma a titolo di spese.

Ricorso:

51336/09 GUALTIERI e altri 
 

Data sentenza:

16/11/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione dell'articolo 6 § 1 
Davanti alla Corte Edu, i ricorrenti avevano lamentato la mancata o tardiva esecuzione di sentenze nazionali che avevano riconosciuto, a vario titolo,  i diritti di credito da loro vantati nei confronti di diverse articolazioni riconducibili a pubbliche amministrazioni (Inps, Comuni e Consorzi intercomunali).
La Corte, dopo aver richiamato la propria precedente giurisprudenza (sentenze Ventorino c. Italia, n. 357 /07, 17 maggio 2011, De Trana c. Italia, n. 64215/01, 16 ottobre 2007, Nicola Silvestri c. Italia, n.16861 /02, 9 giugno 2009, e Antonetto c. Italia, n.15918 /89 , 20 luglio 2000) e ricordato che l'esecuzione di una sentenza, qualunque sia la giurisdizione, deve essere considerata parte integrante del " processo ", ha accertato la violazione dell’articolo 6 §1 della Convenzione.
Conseguentemente, ha condannato lo Stato italiano al pagamento in favore dei ricorrenti di una somma a titolo di equa soddisfazione e di rimborso delle spese, nonché a garantire l’esecuzione dei giudicati nazionali.  

Ricorso:

20475 e 28421/22 GIGLIO E PERRETTI
 

Data sentenza:

16/11/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione dell'articolo 6 § 1 dovuta alla mancata o tardiva esecuzione delle decisioni dei tribunali nazionali.
Per la motivazione si veda ricorso Gualtieri e a. c. Italia (ric.n.51336/09).

Ricorso:

18911/17 A.E. e altri
 

Data sentenza:

16/11/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione degli articoli 3 e 5 §§ 1 (f), 2 e 4 della Convenzione
I ricorrenti, quattro cittadini sudanesi, avevano lamentato la violazione degli articoli 3 e 5 §§ 1 (f), 2 e 4 della Convenzione, in relazione alle condizioni materiali degradanti subite in occasione del loro arresto e trasferimento in autobus al centro hotspot migranti di Taranto, nonchè alla mancanza di una base giuridica chiara e accessibile circa le ragioni giuridiche della detenzione.
La Corte, accertate le violazioni lamantate, ha condannato lo Stato italiano a pagare, a ciascun ricorrente, somme a titolo di danno morale e spese. 

Ricorso:

25728/16 MENNA e altri 

Data sentenza:

16/11/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione dell’articolo 6 §1 e dell’articolo 13 della Convenzione
I ricorrenti, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione, avevano lamentato l'eccessiva durata dei procedimenti dinanzi ai giudici amministrativi nazionali e, sulla base dell’articolo 13, l’indisponibilità di un ricorso effettivo per dolersi dell’eccessiva durata.
La Corte ha richiamato i principi sviluppati nella sentenza Olivieri e altri (sopra citata, §§ 67-71) ed ha affermato che la normativa e la prassi interna rilevanti, relative in generale, alla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cd. legge Pinto), è contenuta nella sentenza Cocchiarella c. Italia ([GC], n. 64886/01, §§ 23-31, CEDU 2006-V).
Constate le violazioni, la Corte ha condannato al pagamento dei danni morali e delle spese indicate nella tabella allegata alla sentenza.

Ricorso:

47287/17 A.T. e altri 

Data sentenza:

23/11/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione degli articoli 3, 8 e 5 § 1, lettera f), della Convenzione
I ricorrenti, invocando gli articoli 3 e 8 della Convenzione, avevano lamentato che la detenzione nell’hotspot di Taranto era stata inadeguata a causa del sovraffollamento e delle insalubri condizioni di alloggio presso il centro.
La Corte ha ritenuto che i ricorrenti siano stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione.  
Tenendo presente che i ricorrenti sono stati collocati nell’hotspot dalle autorità italiane senza una base giuridica chiara e accessibile e in assenza di un provvedimento motivato che ne disponesse il trattenimento, la Corte ha ritenuto che i ricorrenti siano stati arbitrariamente privati della libertà, in violazione della prima parte dell’articolo 5 § 1, lettera f), della Convenzione. 
Per le violazioni constatate la Corte ha condannato a pagare per ciascun ricorrente somme a titolo di danno morale più spese.

Ricorso:

15550/11 VAINIERI e altri

Data sentenza:

14/12/2023

Esito:

Il testo della sentenza sul sito della Corte europea dei diritti dell'uomo
Violazione dell’art. 6 §1 della Convenzione.
I ricorrenti, iscritti al "Fondo Volo" (fondo di previdenza per i dipendenti delle compagnie aeree), avevano lamentato la violazione dell’articolo 6 §1 della Convenzione, in relazione all’applicazione retroattiva dell’articolo 2, comma 503, della legge n. 244 del 2007 (“Legge Finanziaria”), norma di interpretazione autentica.    
La Corte ha rilevato che l'intervento del legislatore era teso a modificare coefficienti fissati da Decreti più favorevoli rispetto a quelli utilizzati dall'INPS. Pertanto, constatata la violazione dell’articolo 6 §1 della Convenzione, ha condannato lo Stato italiano al pagamento di somme a titolo di danni materiali nonché al rimborso delle spese.